lunedì 29 maggio 2023

Nuovi limiti reddito 2023 per esenzione Contributo Unificato e spese di lite nel processo previdenziale

A distanza di circa tre settimane dal precedente provvedimento, cambia la soglia di reddito per accedere al patrocinio gratuito 2023.

E’ stato firmato un nuovo decreto lo scorso 10 maggio, che annuncia un nuovo adeguamento dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

La nuova soglia, pari ad € 12.838,01 è stata adeguata al nuovo balzo dell’inflazione, che richiede ora di innalzare ancora un po’ i limiti fissati poco più di un mese fa.

Era infatti approdato in Gazzetta solo il 21 aprile il decreto che fissava i nuovi limiti per il diritto alla difesa gratuita a spese dello Stato.

Si trattava del Decreto 3 febbraio 2023 del Ministero della Giustizia, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 21 aprile 2023 “Adeguamento dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato”.

Questo provvedimento fissava la soglia a 11.734,93 euro, decisa in base alla variazione Istat degli indici al consumo.

Ora però cambia tutto di nuovo: una notizia pubblicata sul portale GNews del Ministero della Giustizia annuncia la firma del nuovo decreto con un nuovo e definitivo limite di reddito: questo è stato elevato a € 12.838,01 in virtù di un aumento del costo della vita rilevato dall’Istat nel biennio 1° luglio 2020-30 giugno 2022 pari al 9,4%.

Di conseguenza vanno anche rideterminati i limiti reddituali previsti ex Lege per ottenere - nelle controversie previdenziali ed assistenziali - l'esenzione dal pagamento delle spese di lite (in caso di soccombenza) e del Contributo Unificato.

SOCCOMBENZA: € 12.838,01 x 2 = € 25.676,02 

(oltre maggiorazione per ogni familiare convivente ex Cassazione, ordinanza n° 22345/2016)

CONTR. UNIFICATO: € 12.838,01 x 3 = € 38.514,03

Importante precisazione: l'indennità di accompagnamento "non fa reddito" ai fini del suddetto calcolo, come stabilito dalla Cassazione, con Sentenza n. 26302/2018 (LINK)


Carmine Buonomo




mercoledì 24 maggio 2023

Indennità di accompagno, patologia tumorale e Indice di Karnofsky



Sebbene trattasi di una pronuncia di sette anni fa, è sempre importante tenerla presente in quanto affronta il tema del diritto all’indennità di accompagnamento per i soggetti affetti da tumore che effettuano chemioterapia rapportandola, in particolare, al c.d. indice Karnofski


Si tratta di una sentenza che è intervenuta a confermare il diniego al diritto formulato sia in primo grado che in appello sulla base di considerazioni di carattere di tipo procedurale ma che è stata da molti letta come un restringimento delle possibilità di riconoscimento.

La Cassazione nel confermare che il diritto all’indennità sussiste anche in caso di ricovero, ricorda come tale diritto si perfeziona nel momento in cui il trattamento chemioterapico comporti, per gli alti dosaggi o per i loro effetti sul singolo paziente, le condizioni previste dalla legge 18 (incapacità di deambulare o di svolgere gli atti quotidiani).

Il non riconoscimento nel caso in specie è stato motivato dalla mancata dimostrazione da parte del CTU di dette condizioni; CTU che si è limitato ad una valutazione di tipo clinico e che nella sua valutazione conclusiva non ha legato il diritto della ricorrente alla sussistenza di una delle due condizioni sovra ricordate ma bensì in termini meramente possibilistici.

Questa problematica ricordiamo è stata oggetto di attenzione ad opera del Ministero dell’Economia dipartimento dell’Amministrazione Generale del personale e dei servizi del tesoro che in una lettera inviata ai Presidenti delle CMV è pervenuto ad indicare i criteri che delle Commissioni devono seguire nella valutazione dei malati neoplastici.

Per pervenire a riconoscere ai pazienti neoplastici l’indennità di accompagnamento e nel determinismo di tale diritto rientrano anche gli effetti negativi dei trattamenti chemioterapico sull’autonomia deambulatoria e/o sulla capacità di svolgere gli atti quotidiani della vita le Commissioni di Verifica dovranno basarsi su una relazione clinica oncologica che precisi:

1) la natura della patologia;

2) il decorso in termini di decadimento psico-fisico;

3) le ricadute negative dei trattamenti neoplastici praticati utilizzando la scala secondo Karnofsky.

La valutazione del paziente secondo questo indice di performance “è auspicabile che sia richiesta dalla CMV indicando alla struttura pubblica che segue il paziente, quale quesito prioritario, la sussistenza o meno dei parametri clinici correlabili alla perdita dell’autonomia deambulatoria e/o interferenti sullo svolgimento degli atti quotidiani della vita, con precisazione della decorrenza e durata prevedibile”.

Come si vede si tratta di un iter procedurale che se pur individuato con lo scopo di omogeneizzare giudizi medico-legali rischi di allungare i tempi a fronte di situazioni patologiche che richiedono tempi di risposta brevi come anche recentemente previsto dalla normativa.


La lettera termina con indicazioni valutative in merito alla sussistenza del diritto all’indennità speciale: “l’indennità di accompagnamento per individui affetti da malattie neoplastiche in trattamento chemioterapico, dovrà essere riconosciuta in relazione alla criteriologia medico-legale già richiamata sul requisito di permanenza nonché sulla scorta dell’apprezzamento oggettivo sulla ripercussione negativa della capacità deambulatoria e/o su quella per compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita, avvalendosi del supporto tecnico della scala di Karnofsky con esclusivo riferimento ai casi in cui tale scala assegni un punteggio pari o inferiore a 40”.

mercoledì 10 maggio 2023

Crisi epilettiche e diritto all'indennita' di accompagnamento: Sentenza del Tribunale di Napoli in difformita' alle conclusioni della CTU negativa





Allego un'interessantissimo precedente del Tribunale di Napoli (Sentenza n° 13995/2009, G.L. dr. Roberto Pellecchia) in cui il magistrato, sulla scorta delle dettagliate osservazioni del nostro studio, ha statuito in difformità alle conclusioni di cui alla CTU (ovviamente negativa), riconoscendo - senza rinnovare le operazioni peritali (!!!) - il diritto al beneficio dell'indennità di accompagnamento sin dalla domanda amministrativa. 


Per completezza di informazioni specifico che si controverteva sull'annosa questione del requisito di non autonomia in presenza di crisi epilettiche, già affrontata originariamente dalla Cassazione, con Sentenza 21761/2004.

L'importantissimo precedente summenzionato, infatti, aveva categoricamente stabilito che per il diritto all'indennità di accompagnamento non è richiesta la quotidianità delle crisi epilettiche. E' richiesto invece che le stesse, indipendentemente dalla frequenza con cui si manifestano, incidano in misura rilevante sul compimento degli atti di vita quotidiana.

Carmine Buonomo






giovedì 4 maggio 2023

Abuso di permessi Legge 104/1992: chiarimenti in merito alla legittimità del licenziamento del lavoratore (Cass. Sez. Lavoro, ord. n° 73096 del 13/03/2023)



Una premessa: i permessi e agevolazioni previsti dalla legge n. 104/1992, sono uno strumento di politica socio-assistenziale, una provvidenza indiretta dello Stato sociale.
Non bisogna dimenticare che l’ordinamento riconosce al lavoratore un beneficio in funzione della prestazione di assistenza in attuazione dei superiori valori di solidarietà e richiede un sacrificio organizzativo al datore di lavoro privandolo della prestazione.
Come si assolve all’obbligo di assistenza? Secondo buon senso.
La recente ordinanza della Corte di Cassazione Sezione Lavoro, la n. 7306 del 13 marzo 2023, indica alcuni principi utili a capire come gestire l’obbligo secondo buon senso.
Non si tenuti a prestare l’assistenza in maniera continuativa per le 24 ore della giornata di permesso o durante lo stretto orario di lavoro, il comportamento sta al buon senso della persona ma non può mancare un diretto e rigoroso nesso causale tra la fruizione del permesso e l'assistenza alla persona disabile.
Il lavoratore in permesso deve svolgere l'attività di assistenza in tempi e modi tali da soddisfare in via preminente le esigenze ed i bisogni della persona in condizione di handicap grave, pur senza abdicare del tutto alle esigenze personali e familiari rispetto a quelle proprie del familiare disabile.
Scrive la Corte che gli intervalli di tempo dedicati alle attività diverse dall’assistenza non devono essere troppo ampi e
dedicati alla ripresa personale psico-fisica a fronte del gravoso onere di cura del soggetto assistito o alle esigenze
connesse all'assistenza del disabile (accessi in negozi sanitari, studi medici o contatti con altri familiari coinvolti nella
cura). Solo ove manchi del tutto un nesso causale tra l'assenza dal lavoro e l'assistenza al disabile (ad esempio trovarsi
al mare o ai monti senza valide giustificazioni, aggiungo io), si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto o, secondo altra prospettiva, di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede che determina uno sviamento dell'intervento assistenziale.
In ogni caso spetta al giudice di merito valutare se la fruizione dei permessi possa dirsi in concreto realizzata in funzione della preminente esigenza di tutela delle persone affette da disabilità grave pur nella salvaguardia di una residua conciliazione con le altre incombenze personali e familiari che caratterizzano la vita quotidiana di ogni individuo.
Si ringrazia il collega Antonino Carbone per la segnalazione ed il Coordinamento normativo del Sindacato SILPA per la diffusione della notizia