mercoledì 24 maggio 2023

Indennità di accompagno, patologia tumorale e Indice di Karnofsky



Sebbene trattasi di una pronuncia di sette anni fa, è sempre importante tenerla presente in quanto affronta il tema del diritto all’indennità di accompagnamento per i soggetti affetti da tumore che effettuano chemioterapia rapportandola, in particolare, al c.d. indice Karnofski


Si tratta di una sentenza che è intervenuta a confermare il diniego al diritto formulato sia in primo grado che in appello sulla base di considerazioni di carattere di tipo procedurale ma che è stata da molti letta come un restringimento delle possibilità di riconoscimento.

La Cassazione nel confermare che il diritto all’indennità sussiste anche in caso di ricovero, ricorda come tale diritto si perfeziona nel momento in cui il trattamento chemioterapico comporti, per gli alti dosaggi o per i loro effetti sul singolo paziente, le condizioni previste dalla legge 18 (incapacità di deambulare o di svolgere gli atti quotidiani).

Il non riconoscimento nel caso in specie è stato motivato dalla mancata dimostrazione da parte del CTU di dette condizioni; CTU che si è limitato ad una valutazione di tipo clinico e che nella sua valutazione conclusiva non ha legato il diritto della ricorrente alla sussistenza di una delle due condizioni sovra ricordate ma bensì in termini meramente possibilistici.

Questa problematica ricordiamo è stata oggetto di attenzione ad opera del Ministero dell’Economia dipartimento dell’Amministrazione Generale del personale e dei servizi del tesoro che in una lettera inviata ai Presidenti delle CMV è pervenuto ad indicare i criteri che delle Commissioni devono seguire nella valutazione dei malati neoplastici.

Per pervenire a riconoscere ai pazienti neoplastici l’indennità di accompagnamento e nel determinismo di tale diritto rientrano anche gli effetti negativi dei trattamenti chemioterapico sull’autonomia deambulatoria e/o sulla capacità di svolgere gli atti quotidiani della vita le Commissioni di Verifica dovranno basarsi su una relazione clinica oncologica che precisi:

1) la natura della patologia;

2) il decorso in termini di decadimento psico-fisico;

3) le ricadute negative dei trattamenti neoplastici praticati utilizzando la scala secondo Karnofsky.

La valutazione del paziente secondo questo indice di performance “è auspicabile che sia richiesta dalla CMV indicando alla struttura pubblica che segue il paziente, quale quesito prioritario, la sussistenza o meno dei parametri clinici correlabili alla perdita dell’autonomia deambulatoria e/o interferenti sullo svolgimento degli atti quotidiani della vita, con precisazione della decorrenza e durata prevedibile”.

Come si vede si tratta di un iter procedurale che se pur individuato con lo scopo di omogeneizzare giudizi medico-legali rischi di allungare i tempi a fronte di situazioni patologiche che richiedono tempi di risposta brevi come anche recentemente previsto dalla normativa.


La lettera termina con indicazioni valutative in merito alla sussistenza del diritto all’indennità speciale: “l’indennità di accompagnamento per individui affetti da malattie neoplastiche in trattamento chemioterapico, dovrà essere riconosciuta in relazione alla criteriologia medico-legale già richiamata sul requisito di permanenza nonché sulla scorta dell’apprezzamento oggettivo sulla ripercussione negativa della capacità deambulatoria e/o su quella per compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita, avvalendosi del supporto tecnico della scala di Karnofsky con esclusivo riferimento ai casi in cui tale scala assegni un punteggio pari o inferiore a 40”.



Appendice:

La Karnofsky Performance Status Scale, conosciuta anche come Scala (o Indice) di Karnofsky, è uno strumento di misura multidimensionale indicante le funzioni fisiche del paziente particolarmente usato in campo oncologico e recepite anche dalle tabelle INAIL di valutazione del Danno Biologico.

Indice di Karnofsky semplificato (come in allegato alla lettera del Ministero)


K: 100: paziente senza segni nè sintomi di malattia

K: 90: capace di svolgere attività normale; lievi segni e sintomi di malattia

K: 80: attività normale con sforzo, alcuni segni e sintomi di malattia

Incapace di lavorare, in grado di vivere a casa di occuparsi della maggior parte delle necessità personali, è richiesto un certo grado di assistenza

K: 70: può accudire se stesso, incapace di svolgere attività normali o di lavoro

K: 60: richiede assistenza occasionale ma è in grado di occuparsi della maggior parte delle proprie necessità

K: 50: richiede considerevole assistenza e frequenti prestazioni mediche

Incapace di accudire se stesso, è richiesto il ricovero ospedaliero; progressione rapida della malattia

K: 40 costretto a letto, richiede assistenza e cure speciali

K 30:condizioni gravi, è indicata l’ospedalizzazione anche se la morte è imminente;

K: 20:condizioni molto gravi, sono necessarie l’ospedalizzazione ed una terapia di supporto intensa

K: 10 moribondo, progressione rapida della malattia

K 0 decesso


Cassazione - Sezione lavoro  
sentenza 19 giugno - 21 ottobre 2008, n. 25569
Presidente Cuoco - Relatore De Matteis



Svolgimento del processo

Il giudice del lavoro di Bari ha respinto la domanda di indennità di accompagnamento proposta dalla signora M. F. nei confronti del Ministero dell'interno, per difetto di legittimazione passiva, e nei confronti dell'Inps per infondatezza nel merito. Ha rilevato che il c.t.u. aveva fatto un riferimento generico alle gravi condizioni cliniche della M., ma non aveva accertato alcun elemento idoneo ad evidenziare una totale e continua impossibilità di deambulare o di attendere autonomamente agli atti quotidiani della vita, anche durante il periodo di trattamento chemioterapico.
La M. ha proposto appello sostenendo che la indennità richiesta doveva esserle riconosciuta quanto meno per il periodo omissis in cui ella, affetta da carcinoma del rinofaringe con metastasi latero cervicali, è stata sottoposta a trattamento chemioterapico.
La Corte d'Appello di Bari, con sentenza 16/30 dicembre 2004 n. 1693, ha rigettato l'appello, ritenendo corretta la valutazione del primo giudice. Ha rilevato che il c.t.u. ha rilevato un notevole miglioramento dopo il trattamento chemioterapico, sì che residuava uno stato invalidante del 70%, a fronte di un'originaria valutazione in sede amministrativa del 100%; ha ritenuto che la conclusione del c.t.u. (secondo cui nel periodo di trattamento chemioterapico succeduto al primo ricovero ospedaliero poteva essere riconosciuta la indennità di accompagnamento) fosse immotivata.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la M., con due motivi.
L'Inps è rimasto intimato.



Motivo della decisione


La ricorrente deduce, con due motivi, violazione e falsa applicazione dell'articolo 1 legge 21 novembre 1988 n. 508, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a punto decisivo della controversia.

In punto di diritto, invoca il precedente di questa Corte 19 novembre 1999 n. 1705 che, nella interpretazione della ricorrente, riconoscerebbe il diritto all'indennità di accompagnamento a coloro che subiscono trattamento di chemioterapia, anche in regime di day-hospital, almeno per tutta la durata della cura. In punto di fatto contesta le valutazioni della sentenza impugnata.

Il primo motivo non è fondato.

La sentenza invocata è così massimata: “L'art. 1 della legge n. 289 del 1990, nel prevedere il diritto all'indennità mensile di frequenza nel caso di frequentazione continuativa o periodica di centri ospedalieri, presuppone l'esistenza di uno stato di malattia di durata circoscritta nel tempo, che non è incompatibile con l'ulteriore requisito, coessenziale ma non esclusivo, della persistenza delle difficoltà a compiere i compiti e le funzioni proprie dell'età. (Nella specie è stata cassata la sentenza di merito la quale aveva escluso integrare il requisito delle persistenti difficoltà previste dalla norma la situazione del minore che aveva seguito terapia chemioterapica con ricovero giornaliero per un periodo di tempo limitato)”.

Come si vede, la sentenza, oltre a riguardare una fattispecie diversa dalla indennità di accompagnamento, non contrasta con il consolidato insegnamento di questa Corte, conforme al tenore testuale dell'articolo 1 legge 11 febbraio 1980, n. 18 e legge 21 novembre 1988 n. 508, secondo cui la indennità di accompagnamento spetta ai cittadini nei cui confronti sia stata accertata una inabilità totale e che, in aggiunta, si trovino nella impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, bisognano di un'assistenza continua (ex plurimis Cass. 20 giugno 2006 n. 14127).
Questa Corte ha ammesso che la indennità di accompagnamento possa spettare anche in caso di ricovero in ospedale pubblico, nonostante la previsione contraria dell'articolo 1, comma 3, legge 11 febbraio 1980, n. 18, ma sempre che la parte interessata dimostri che le prestazioni assicurate dall'ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana (Cass. 2 febbraio 2007 n. 2770).
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il problema del trattamento chemioterapico non può essere risolto in astratto, con l'affermazione che esso comporti sempre e di per sé, oppure non comporti, il diritto alla indennità di accompagnamento, ma costituisce una situazione di fatto, sicché si deve esaminare caso per caso se esso comporti, per gli alti dosaggi e per i loro effetti sul singolo paziente, anche per il tempo limitato della terapia, le condizioni previste dall'articolo 1 legge 11 febbraio 1980, n. 18.
Nel caso di specie, e con ciò si passa al secondo motivo, relativo al vizio di motivazione, il giudice di merito, con accertamento di fatto a lui demandato, ha accertato l'insussistenza di tali requisiti.

Nel far ciò, ha disatteso il giudizio peritale, espresso in termini possibilistici. Aveva pertanto l'obbligo di motivare il proprio dissenso, che ha espresso nei seguenti termini: “il c.t.u. non ha accertato alcun preciso e concreto elemento idoneo ad evidenziare una totale e continua impossibilità di deambulare o di attendere autonomamente agli atti quotidiani della vita anche durante il periodo di trattamento chemioterapico, al di fuori di un sin troppo generico riferimento alle gravi condizioni cliniche della M.”.
La ricorrente contesta tale valutazione, facendo presente che durante i cicli di terapia (tre cicli di cinque giorni ciascuno in regime di ospedalizzazione, e successivamente quattro cicli di cinque giorni ciascuno di trattamento radioterapico in regime di day hospital) la M., oltre a necessitare del continuo accompagnamento dei figli, a turno, attesa la difficoltà nella deambulazione, era completamente incapace di attendere ai propri quotidiani bisogni (lavarsi, vestirsi, mangiare, curare la propria persona) né era in grado di camminare se non sorretta da altri, e ciò proprio a causa dell'aggressività della terapia che causava alla stessa forti dolori ed un'assoluta e perdurante debolezza. Inoltre, per tutta la durata della terapia, la signora M., che pure era sempre assistita dal marito e dai figli, fu costretta a trasferirsi a casa della figlia maggiore, L. A., la quale provvedeva completamente alla madre, prestandole assistenza e soccorso in tutte le attività quotidiane.
Tali circostanze erano state già dedotte nell'atto di appello.

La consulenza tecnica, che può essere esaminata direttamente da questa Corte perché ad essa rinvia la sentenza impugnata e ne integra la motivazione, dopo aver descritto la anamnesi della M., ha elencato diffusamente i presupposti in generale della indennità di accompagnamento ed ha elencato analiticamente i comportamenti che integrano gli atti quotidiani della vita e l'assistenza continua. Ha quindi aggiunto che la chemioterapia ad alte dosi cui è stata sottoposta la M. è pesantemente invalidante e che pertanto le può essere attribuita la indennità di accompagnamento dal marzo al giugno 2000, e cioè fino a 40 giorni dopo la fine del trattamento chemioterapico.
Come si vede, il c.t.u. ha affermato un effetto pesantemente invalidante, ma non nei termini dell'articolo 1 legge 11 febbraio 1980, n. 18, e la sua valutazione circa il diritto all'indennità di accompagnamento è espressa in termini meramente possibilistici.
La diversa valutazione della sentenza impugnata non è pertanto illogica.
Il ricorso va pertanto respinto.

Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell'art. 152 d.a.c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui all'art. 42, comma 11, del d.l. n. 269 del 30 settembre 2003, convertito in Legge 24 novembre 2003, n. 326, nella specie inapplicabile “ratione temporis"; infatti le limitazioni di reddito per la gratuità del giudizio introdotte da tale ultima norma non sono applicabili ai processi il cui ricorso introduttivo del giudizio sia stato depositato, come nella specie, anteriormente al 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del predetto decreto legge) (Cass. 1 marzo 2004 n. 4165; Cass. 30.3.2004 n. 6324; Cass. 12 dicembre 2005 n. 27323, nello stesso senso, in motivazione, S.U. 24 febbraio 2005 n. 3814).

P.Q.M.



Rigetta il ricorso. Nulla per le spese processuali del presente giudizio


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