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venerdì 30 agosto 2013

Infortunio sul lavoro e malattia professionale. Danno biologico e criteri di calcolo


In caso di infortunio o di malattia professionale, per valutare il grado di inabilità subito dal danneggiato bisogna prendere a riferimento una specifica tabella – denominata “tabella delle menomazioni” – che prevede tutti i quadri menomativi derivanti da lesioni e/o malattie professionali, comprendendovi sia i riflessi sulla capacità lavorativa, sia gli aspetti dinamico-relazionali, ossia, il danno alla persona intesa nella sua globalità.

La descrizione della menomazione riportata nelle singole voci della tabella si riferisce al valore massimo (“fino a…”). Pertanto, per verificare il danno, bisognerà commisurarlo alla sua effettiva gravità: si parte da un minimo pari a 1 e si va, via via, crescendo.

Nel caso di danni composti, costituiti cioè di più menomazioni, non si può fare una semplice somma delle singole menomazioni indicate in tabella, ma bisogna valutare il danno nel suo complesso e in concreto, in relazione a specifici elementi medico-legali, considerati anche nella loro reciproca influenza. In questo senso, si è espressa la Cassazione [1]. In pratica, in questi casi, la valutazione avviene adottando criteri e metodi diversi, tra i quali il più usato e il “metodo proporzionalistico a scalare”. Tale formula viene applicata non con un rigore matematico assoluto, ma come punto di partenza indicativo per avere un’idea dell’ordine di grandezza attorno al quale deve aggirarsi la valutazione del danno complessivo.

La valutazione medico legale richiede, inoltre, anche l’indicazione di un coefficiente, da rilevare dall’apposita “tabella dei coefficienti”. Tale coefficiente serve a stabilire quanto incide la menomazione sulla capacità lavorativa dell’assicurato e sulla sua ricollocabilità nella stessa categoria lavorativa.