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giovedì 5 dicembre 2013

Infortunio di lavoratore gia' invalido: la valutazione va fatta con riferimento all’attitudine al lavoro ridotta per effetto di preesistente inabilità lavorativa


Il grado di riduzione permanente dell’attitudine al lavoro causata da infortunio, quando risulti aggravato da inabilità preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da altri infortuni, deve essere rapportato non all’attitudine al lavoro normale, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilità: lo ha affermato la Cassazione nella sentenza 15073/13.


Il caso: infortunio di lavoratore già con percentuale di invalidità.

Secondo il ricorrente la Corte d’appello, nel calcolo di valutazione dello stato anteriore rispetto ad una menomazione in ambito INAIL, ossia a seguito di infortunio sul lavoro, avrebbe applicato in modo erroneo la c.d. formula Gabrielli. 
Ciò, in quanto, a suo dire, i giudici di merito si erano limitati a recepire il responso del consulente d’ufficio, il quale aveva semplicemente sottratto dal danno funzionale della limitazione articolare dell’anchilosi, conseguente a infortunio sul lavoro e stimato nella misura del 10%, la percentuale di invalidità preesistente del 4%. 
Al contrario, a parere del ricorrente, si sarebbe dovuto considerare il grado di attitudine al lavoro residuato dopo l’infortunio e quello preesistente, non il grado di invalidità. 
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, chiarendo che in base alla suddetta formula il denominatore indica il grado di attitudine al lavoro preesistente e il numeratore la differenza fra questa e il grado di attitudine residuato dopo l’infortunio. 
In pratica, gli Ermellini hanno rilevato che l’errore commesso dal ricorrente, nel tentativo di identificare il numeratore della frazione prevista dalla formula, è quello di pretendere di sottrarre l’intero valore del danno funzionale del 10%, che già inglobava la percentuale del danno anatomico preesistente all’infortunio lavorativo del 4%, dal grado di attitudine lavorativa del 96%. 
Mentre, i giudici di legittimità, hanno spiegato che, correttamente, il diminuendo del numeratore deve essere rappresentato dal grado dell’attitudine al lavoro preesistente, che non può, di certo, tener conto del grado di invalidità successivo all’infortunio sul lavoro.


Fonte: La Stampa

venerdì 30 agosto 2013

Infortunio sul lavoro e malattia professionale. Danno biologico e criteri di calcolo


In caso di infortunio o di malattia professionale, per valutare il grado di inabilità subito dal danneggiato bisogna prendere a riferimento una specifica tabella – denominata “tabella delle menomazioni” – che prevede tutti i quadri menomativi derivanti da lesioni e/o malattie professionali, comprendendovi sia i riflessi sulla capacità lavorativa, sia gli aspetti dinamico-relazionali, ossia, il danno alla persona intesa nella sua globalità.

La descrizione della menomazione riportata nelle singole voci della tabella si riferisce al valore massimo (“fino a…”). Pertanto, per verificare il danno, bisognerà commisurarlo alla sua effettiva gravità: si parte da un minimo pari a 1 e si va, via via, crescendo.

Nel caso di danni composti, costituiti cioè di più menomazioni, non si può fare una semplice somma delle singole menomazioni indicate in tabella, ma bisogna valutare il danno nel suo complesso e in concreto, in relazione a specifici elementi medico-legali, considerati anche nella loro reciproca influenza. In questo senso, si è espressa la Cassazione [1]. In pratica, in questi casi, la valutazione avviene adottando criteri e metodi diversi, tra i quali il più usato e il “metodo proporzionalistico a scalare”. Tale formula viene applicata non con un rigore matematico assoluto, ma come punto di partenza indicativo per avere un’idea dell’ordine di grandezza attorno al quale deve aggirarsi la valutazione del danno complessivo.

La valutazione medico legale richiede, inoltre, anche l’indicazione di un coefficiente, da rilevare dall’apposita “tabella dei coefficienti”. Tale coefficiente serve a stabilire quanto incide la menomazione sulla capacità lavorativa dell’assicurato e sulla sua ricollocabilità nella stessa categoria lavorativa.