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mercoledì 31 agosto 2022

Socio amministratore di Srl e doppia contribuzione INPS (Cassazione n° 1759/2021)


La sentenza della Corte di Cassazione n. 1759/2021 (LINK) mette in luce un nuovo principio da seguire per l’obbligo della doppia contribuzione Inps del socio amministratore di Srl. 

Come noto, infatti, la legge n. 463/1959 ha previsto che il socio amministratore della Srl, percettore di un compenso, che contemporaneamente svolga attività commerciale o artigianale nell’azienda, sia soggetto a doppia contribuzione Inps.

Coloro che all’interno della società svolgono concretamente l’attività lavorativa e percepiscono un compenso per la loro attività di amministratore sono obbligati quindi ad iscriversi sia alla Gestione IVS commercianti o Artigiani che alla Gestione Separata Inps.

1) Il punto sulla doppia iscrizione degli Amministratori

Come dicevamo l'originaria normativa del 1959 prevedeva l’obbligo di iscrizione alla Gestione IVS gli imprenditori artigiani e i familiari loro coadiuvanti, dove per imprenditore artigiano si intende colui che "esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l'impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo", cosi come definito dall’art. 2 della legge 443/1985.

In seguito, la legge n.662/1996 ha previsto l’obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa agli esercenti attività commerciali, qualora i soggetti siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
b) abbiano la piena responsabilità dell'impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non e' richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché' per i soci di società a responsabilità limitata;
c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;
d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli".

In entrambi i casi, il socio amministratore di SRL, che nella società svolge prevalentemente il suo lavoro, è tenuto ad iscriversi alla Gestione IVS e al versamento dei contributi previdenziali in relazione alla quota di reddito societario da lui posseduta.

Il presupposto per l’iscrizione alla Gestione Commercianti o Artigiani IVS è lo svolgimento di un’attività commerciale o artigianale con la partecipazione personale dell’imprenditore al lavoro aziendale in maniera abituale e prevalente.

Ovviamente qualora il socio non sia amministratore, ma soltanto un soggetto che apporta soltanto capitale e non svolge alcuna attività lavorativa nella società, non è soggetto ad alcuna iscrizione alla Gestione IVS.

Per la loro attività di gestione e direzione della società, l’assemblea dei soci può stabilire di erogare un compenso al socio amministratore.

L’attribuzione di quel compenso determina l’obbligo per il socio amministratore di iscriversi anche alla Gestione separata.

La Gestione separata è un fondo pensionistico istituito con la legge 335/95, art art. 2 c. 26 , a cui devono iscriversi i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa ossia i soci amministratori che percepiscono appunto, il compenso.

Pertanto la doppia imposizione contributiva INPS per i soci amministratori delle SRL deriva da:Iscrizione alla Gestione Commercianti o Artigiani IVS per lo svolgimento in modo attivo del lavoro aziendale;
Iscrizione alla Gestione separata INPS per il compenso ricevuto come amministratore.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n.1759/2021, sottolinea come sia rilevante considerare le mansioni svolte dall’ amministratore, in quanto colui che esercita attività di supervisione, di referente per clienti e fornitori o l’aver assunto un dipendente, siano considerate tutte attività di ordinaria amministrazione, senza alcuna partecipazione all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda.

giovedì 19 maggio 2022

Sussiste il diritto all'assegno sociale anche se l'assegno di mantenimento astrattamente dovuto non è stato mai percepito (Cass., Sentenza n° 24954/2021)

Il diritto alla corresponsione dell'assegno sociale ex art. 3, comma 6, della l. n. 335 del 1995, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dalla condizione oggettiva dell'assenza di redditi o dell'insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, senza che assuma rilevanza la mancata richiesta, da parte dell'assistito, dell'importo dovuto dall'ex coniuge a titolo di assegno divorzile, non essendo previsto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole.

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Carmine Buonomo

martedì 15 febbraio 2022

E' illegittima la revoca delle prestazioni assistenziali ai condannati in via definitiva che stiano scontando la pena fuori dal carcere (Corte Costituzionale, Sentenza n° 137/2021)


Al fine di comprendere meglio la decisione della Consulta di cui all'oggetto, pare opportuno ricostruire la disciplina complessivamente prevista dall’art. 2, commi da 58 a 61, della
L. n. 92/2012 (c.d. Riforma Fornero).

Il comma 58 dispone che, nel pronunciare condanna per taluni reati di particolare allarme sociale – quali i reati di associazione terroristica, attentato per finalità terroristiche o di eversione, sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, associazione di stampo mafioso, scambio elettorale, strage e delitti commessi per agevolare le associazioni di stampo mafioso – il giudice applichi, in sentenza, la sanzione accessoria della revoca di una serie determinata di prestazioni assistenziali: indennità di disoccupazione, assegno sociale e prestazioni per gli invalidi civili.

Il comma 59 stabilisce che l’erogazione di tali provvidenze possa essere ripristinata, a domanda dell’interessato e ove ne sussistano i presupposti previsti dalla normativa di riferimento, una volta espiata la pena.

Il comma 60 impone l’obbligo di tempestiva comunicazione all’ente previdenziale competente dei provvedimenti adottati ai sensi del comma 58, ai fini della loro immediata esecuzione.

Il comma 61, infine, prevede che, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il Ministro della giustizia, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, trasmetta agli enti titolari dei relativi rapporti l’elenco dei soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui al comma 58, ai fini della revoca, con effetto non retroattivo, delle prestazioni previste dal medesimo comma 58, primo periodo.

Come si vede, il legislatore, prevede, nelle disposizioni su riportate, uno speciale statuto di indegnità connesso alla commissione di reati di particolare gravità, la quale dovrebbe giustificare, durante l’esecuzione della pena, il venir meno di trattamenti assistenziali che trovano il loro fondamento nel generale dovere di solidarietà dell’intera collettività nei confronti dei soggetti svantaggiati; la ratio della norma, inoltre, si rinverrebbe anche nella considerazione che ai reati ostativi alla fruizione dei benefici faccia da sfondo l’accumulazione, o comunque il possesso, di capitali illeciti, con quei benefici incompatibili.

mercoledì 29 dicembre 2021

Invalidi civili: l'assegno mensile è finalmente cumulabile con i redditi da lavoro (art. 12-ter L. 215/2021 - Messaggio INPS 4689/2021)

L'assegno mensile erogato nei confronti degli invalidi civili con una invalidità compresa tra il 74 ed il 99% torna cumulabile con i redditi da lavoro. 

Lo rende noto l' INPS nel Messaggio n. 4689/2021 pubblicato in seguito dell'entrata in vigore della L. 215/2021 di conversione del D.L. 146/2021.

L’ art. 12-ter inserito dalla legge n. 215/2021 ha, infatti, ridefinito il requisito della INATTIVITA' LAVORATIVA di cui all’articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 precisando che si intende soddisfatto qualora l’invalido parziale svolga un’attività lavorativa il cui reddito risulti inferiore al limite di reddito annuo (personale) per il riconoscimento dell’assegno mensile stesso. Pertanto la prestazione è cumulabile con i redditi da lavoro (dipendente o autonomo) nei limiti di 4.931€ annui (rivalutati annualmente).

Di conseguenza sono superate le istruzioni diffuse con il precedente messaggio n. 3495/2021 lo scorso 14 ottobre 2021. 
In tal sede, si ricorderà, l'INPS adeguandosi all'orientamento della giurisprudenza di legittimità aveva negato il diritto all'assegno mensile in presenza dello svolgimento di qualsiasi attività lavorativa a prescindere dal reddito percepito.

Le domande di prestazione presentate e non accolte in virtu' del precedente orientamento saranno riesaminate d’ufficio in autotutela dall'INPS sulla base dei parametri previsti dalla nuova disposizione normativa.

giovedì 23 dicembre 2021

Indebito assitenziale per motivi reddituali: sono irripetibili le somme riscosse in buona fede prima della notifica del provvedimento restitutorio INPS (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n° 4669/2021)

In riferimento all'oggetto, ho il piacere di condividere questo interessantissimo precedente giurisprudenziale del Tribunale di Napoli Nord, gentilmente messo a disposizione dagli amici e colleghi avv.ti Alessio e Giuseppe D'Aniello.

Nel caso specifico si controverteva su un indebito assitenziale (precisamente su assegno di invalidità civile) per superamento dei limiti reddituali.

Con una dettagliatissima ricostruzione logico-giuridica il dr. Marco Cirillo del foro normanno così motiva l'irripetibilità delle somme richieste dall'INPS:

<< In materia è consolidato il principio secondo cui "in tema di indebito assistenziale, in luogo della generale ed incondizionata regola civilistica della ripetibilità, trova applicazione, in armonia con l'art. 38 Cost., quella propria di tale sottosistema, che esclude la ripetizione, quando vi sia una situazione idonea a generare affidamento del percettore e la erogazione indebita non gli sia addebitabile. Ne consegue che l'indebito assistenziale, per carenza dei requisiti reddituali, abilita alla restituzione solo a far tempo dal provvedimento di accertamento del venir meno dei presupposti, salvo che il percipiente non versi in dolo, situazione comunque non configurabile in base alla mera omissione di comunicazione di dati reddituali che l'istituto previdenziale già conosce o ha l'onere di conoscere" (cfr. Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, n.13223)....................... Facendo quindi applicazione dei principi vigenti in materia di indebito assistenziale è ufficiente osservare che la prestazione di cui l'INPS richiede la restituzione è stata erogata in un momento antecedente rispetto alla comunicazione di ricalcolo della prestazione e conseguente richiesta di indebito >>

Carmine Buonomo

mercoledì 22 dicembre 2021

Gli emolumenti percepiti dai funzionari onorari che esercitano una funzione pubblica hanno mera natura indennitaria e come tali non sono incompatibili con l'indennità NASPI (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n° 4854/2021)

In riferimento all'oggetto, ho il piacere di condividere con voi questo interessantissimo precedente del Tribunale di Napoli Nord, reso in un giudizio patrocinato dal nostro sudio.

Nel caso specifico si controverteva su un indebito previdenziale su disoccupazione in quanto, ad avviso dell'INPS, gli emolumenti percepiti dalla ricorrente a titolo di "gettoni di presenza" come consigliere comunale erano equiparabili a redditi da lavoro e come tali incompatibili con la Naspi percepita nel medesimo periodo.

Il sempre impeccabile dr. Barbato, Rosario Capolongo così motiva in merito alla natura indennitaria di tali emolumenti, dichiarandoli peretanto pacificamente compatibili con la indennità Naspi e rigettando la pretesa restitutoria dell'INPS:   

<< Parte ricorrente, però, ha allegato e documentato di aver presentato per le annualità in esame le dichiarazioni dei redditi e, come emerge dall'estratto contributivo, non risulta il possesso di redditi da lavoro dipendente per tali annualità. "Parte ricorrente, infatti, allega di aver percepito l'indennità di cui all'art. 82 D.Lgs. 267/2000 in ragione dell'incarico ricoperto nell'ambito dell'ente locale di residenza. In ordine alla natura giuridica di tale indennità, secondo la Suprema Corte (Cass. 22569/2015) "La competenza per le cause aventi ad oggetto il trattamento economico spettante ai funzionari onorari che esercitano una funzione pubblica (nella specie, quella di consigliere circoscrizionale) non spetta al giudice del lavoro ma va determinata in base al valore della causa, trattandosi di rapporto non inquadrabile nella parasubordinazione, che trae la fonte della sua legittimazione dall'art. 54 Cost. e i cui compensi (nella specie, i ca. gettoni di presenza) non costituiscono una forma di retribuzione ma hanno natura indennitaria, sicché tra esercizio delle funzioni e compenso non sussiste alcun connotato di sinallagmaticità">>.

La Sentenza ovviamente viene pubblicata solo dopo la decorrenza del termine breve di 30 giorni dalla notifica al procuratore costituito (nel caso specifico alla sede legale, attesa la contumacia dell'Istituto).

Carmine Buonomo 

lunedì 13 dicembre 2021

Il Giudice è tenuto a valutare gli eventuali aggravamenti ex art. 149 d.a. cpc anche nella fase di opposizione ad ATPO (Cassazione n° 37500/2021)

Facendo seguito a quanto già detto negli articoli che troverete QUI, ho il piacere di postare questo ulteriore e recentissimo contributo giurisprudenziale gentilmente messo a disposizione dall'amico e collega Massimo Mazzucchilello e reso in un giudizio patrocinato dal suo studio.

Nell'allegato provvedimento viene confermato l'orientamento (si veda anche altro precedente della Cassazione n° 30861/2019), basato anche sul diritto internazionale (CEDU), dell'obbligo di valutazione per il giudice degli aggravamenti delle condizioni di salute insorti durante il processo previdenziale.

Carmine Buonomo



 

mercoledì 24 novembre 2021

La liquidazione delle spese di giudizio nelle controversie previdenziali (Cassazione, 6 Civ., ord. 33625/2021)

Fonte: PuntodiDiritto.it

Ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni previdenziali, il valore della causa deve essere determinato alla stregua del criterio dettato dal secondo comma dell'art. 13 cod. proc. civ. per le cause relative a rendite temporanee o vitalizie (e cioè cumulando fino ad un massimo di dieci le annualità domandate) alle quali, ove venga in contestazione l'accertamento del diritto alla corresponsione nella misura richiesta, è assimilabile la prestazione assicurativa.

E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione 6 Civile, con l'ordinanza del 11 novembre 2021, n. 33625, mediante la quale ha accolto il ricorso e provveduto a nuova liquidazione delle spese. 

La vicenda 

La pronuncia in esame ha avuto origine dal fatto che il Tribunale di Foggia, adito in sede di opposizione ad ATP, dichiarava il diritto del ricorrente all'assegno ordinario di invalidità, liquidando le spese processuali nella misura di € 2.300,00. 

Avverso la sentenza veniva proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione del D M. n. 55 del 2014, della I. n. 794 del 1942, art, 24 c. 1 e D.M. n. 585 del 1994 art. 4 c. 1, nonché della I. 1051 del 1957 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., osservando che la misura dei compensi stabilita in sentenza appare assunta senza il rispetto dell'inderogabile limite minimo degli onorari e dei diritti stabiliti dalla tariffa professionale forense in relazione al valore della causa. 

La decisione in sintesi 

La Corte di Cassazione, mediante la menzionata ordinanza n. 33625 del 2021, ha ritenuto il motivo fondato e ha accolto il ricorso e, decidendo nel merito, ha liquidato le spese in complessivi € 5.115,00 secondo le tabelle.

La motivazione 

Sul punto il Collegio ha osservato che «ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni previdenziali (quale quella in oggetto), il valore della causa deve essere determinato alla stregua del criterio dettato dal secondo comma dell'art. 13 cod. proc. civ. per le cause relative a rendite temporanee o vitalizie (e cioè cumulando fino ad un massimo di dieci te annualità domandate), alle quali, ove venga in contestazione l'accertamento del diritto alla corresponsione nella misura richiesta, è assimilabile la prestazione assicurativa» (Corte di cassazione, n. 15656/2012, conf. Corte di cassazione, n. 10454/2015; Corte di cassazione, S.U., n.10455/2015)

Il Collegio, quindi, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha deciso la causa nel merito liquidando le spese in complessivi € 5.115,00 (da cui va detratta la somma già liquidata), oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15%. 

A seguire il link all'ordinanza, liberamente scaricabile in formato .pdf

martedì 19 ottobre 2021

Indennità NASPI: per la misura della prestazione bisogna tener conto del numero di settimane effettive maturate negli ultimi quattro anni (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n° 3669/2021)

In riferimento all'oggetto, ho il piacere di postare un interessantissimo precedente giudiziario, reso in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Che la Naspi vada liquidata per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive versate nel quadriennio precedente potrà sembrare ovvio, visto che è la stessa normativa che lo prevede.

Purtroppo, però, quando ci si rapporta con l'INPS nulla è scontato.

Nel caso specifico l'Istituto, nel costituirsi in un giudizio di condanna al pagamento della Naspi precedentemente negata, chiedeva dichiarasi cessata la materia del contendere, avendo riesaminato la pratica e provveduto al pagamento della prestazione dopo la notifica del ricorso.

Tuttavia, le settimane di Naspi liquidate (10 settimane pari a 70 giorni) - sulla base dei nostri calcoli - erano nettamente inferiori a quelle teoricamente spettanti (36 settimane pari a 252 giornate).

A seguito di istruttoria documentale (esibizione di C.U. e buste paga), la sempre attentissima d.ssa Raffaella Paesano del Tribunale di Napoli Nord, statuiva l'accoglimento della domanda giudiziale con diritto del ricorrente a percepire le ulteriori giornate non liquidate dall'INPS e dichiarando al contempo cessata la materia del contendere per le sole giornate già corrisposte ed ovviamente non contestate. 

La sentenza ovviamente viene pubblicata dopo i 30 giorni dalla notifica al procuratore costituito ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione.

Carmine Buonomo


martedì 12 ottobre 2021

In caso di visita di revisione volta alla mera rivalutazione del requisito sanitario, non è richiesta una nuova domanda amministrativa (Tribunale Napoli Nord, ordinanza RG 5206/2021)

Con riferimento all'annosa questione "verbale di revisione negativo / nuova domanda amministrativa" negli ultimi tempi l'INPS, a seguito delle continue "batoste" ricevute dai vari Tribunali del Lavoro italiani (LINK agli articoli) ha provato ad affinare gli artigli, modificando la propria strategia offensiva.
Cosa succede in pratica?
A titolo meramente esemplificativo, con verbale di revisione l'INPS comunica la mancata conferma del requisito sanitario con la sospensione dei benefici (economici e non) e contemporaneamente avvisa della possibilità di ricorrere in Tribunale con giudizio ex art. 445 bis cpc nei 6 mersi dalla notifica.
E fin qui nulla quaestio!!!
La cosa grave, invece, è che a distanza di un periodo variabile da pochi giorni a 2/3 mesi dalla notifica del verbale sanitario, l'INPS PROVVEDE - IN MANIERA TOTALMENTE IRRITUALE ED ILLEGITTIMA - ANCHE AD ADOTTARE E COMUNICARE la REVOCA della prestazione.
In questo modo, credendo di trovarsi di fronte ad un magistrato poco attento e ad un avvocato stupido, l'Istituto, costituendosi in giudizio, chiede il rigetto della domanda per intervenuta revoca.
Anche mia figlia che ha appena nove anni sa benissimo che LA REVOCA FORMALE PUÒ (anzi DEVE) ESSERE ADOTTATA SOLO ED ESCLUSIVAMENTE SE IL VERBALE SANITARIO NON VIENE IMPUGNATO ENTRO SEI MESI OPPURE SE, L’EVENTUALE GIUDIZIO DI ATPO VIENE DEFINITO CON ESITO SFAVOREVOLE AL RICORRENTE.
Lo sa mia figlia, lo sa il mio vicino di casa, lo sa anche il mio cagnolino, ma - guarda caso - all'INPS non lo sanno o, più probabilmente, fanno finta di non saperlo!!!
Fortunatamente esistono i magistrati e gli avvocati (si perdoni l’autocelebrazionismo): i primi deputati a far rispettare la legge ed i secondi a denunciare alla magistratura le storture del sistema e gli abusi di potere come questo or ora denunciato!!!
Con l'allegata ordinanza resa in un giudizio patrocinato dal nostro studio, a seguito delle note di trattazione scritta, la sempre attentissima e preparatissima d.ssa Chiara Cucinella, Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Napoli Nord, nel rigettare la strampalata eccezione INPS di improponibilità per intervenuta revoca ha formalmente provveduto alla nomina del CTU con la seguente motivazione: 

martedì 21 settembre 2021

L'istanza di riconoscimento dell'handicap grave non richiede alcuna specifica indicazione al fine di integrare l'interesse ad agire ex art. 445 bis cpc (Cassazione, Sentenza 24952/2021)

Con riguardo alla fantasiosa eccezione INPS di inammissibilità del giudizio di ATPO in ragione della mancata esplicitazione, nel ricorso introduttivo, del beneficio non economico desiderato ai sensi dell'art. 3 co 3 L. 104/92, ho il piacere di postare questo interessantissimo e recentissimo provvedimento della S.C.

Con un'articolata ricostruzione giuridico/normativa la Cassazione conclude che "... l'istanza tesa al semplice riconoscimento di tale stato psico fisico non richiede altra indicazione al fine di integrare l'interesse ad attivare il procedimento di cui all'art. 445 bis c.p.c., laddove il medesimo stato sia stato in concreto negato dal soggetto che istituzionalmente ha il potere di accertarlo".

Carmine Buonomo

lunedì 30 agosto 2021

Assegno sociale: il reddito incompatibile al riconoscimento del relativo diritto assume rilievo solo se effettivamente percepito (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n. 3397/2021)


In riferimento all'oggetto, ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente reso dal Tribunale di Napoli Nord, in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Nel caso specifico, l'INPS rigettava in via amministrativa la domanda di assegno sociale avanzato dalla nostra assistita per un non meglio specificato superamento del limite reddituale.

Con la Sentenza n° 33397/2021 il sempre ineccepibile Giudice dr. Giovanni Andrea Rippa, accoglieva in toto la domanda giudiziale dell'assitita e, in continuità con quanto statuito da Cassazione n° 6570/2010, statuiva che un eventuale reddito incompatibile al riconoscimento del diritto all'AS assume rilievo solo se effettivamente percepito.

Carmine Buonomo

lunedì 2 agosto 2021

Tribunale Napoli Nord e stipula comodato d'uso con ASL Caserta: facsimile istanza di disapplicazione protocollo di intesa con l'INPS

 



Data l’importanza e soprattutto la gravità di quanto accaduto, invitiamo tutti a dare massima diffusione al presente articolo tramite i propri profili social.

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In una fase storica in cui si paventa una quarta ondata di covid 19 e le istituzioni addirittura ricorrono all’introduzione del green pass per regolamentare ovunque gli accessi, il nuovo Ufficio di Presidenza del Tribunale di Napoli Nord, in dispregio a qualsivoglia regola di buon senso e di sicurezza, ben ha pensato di “centralizzare” le visite CTU in materia previdenziale ed assistenziale.

Grande stupore e sconcerto, infatti, ha suscitato nell'Avvocatura la constatazione che il Presidente del suddetto Tribunale, Dott. Luigi Picardi, figura istituzionale che dovrebbe garantire la parità di condizioni tra le parti processuali, abbia ritenuto di stipulare un protocollo di intesa, che di fatto riscrive le modalità di svolgimento del processo previdenziale, con una sola delle parti del processo (INPS), senza neanche ritenere di dover preventivamente informare le altre parti interessate - cioè l'Avvocatura, che difende i diritti dei cittadini, e l'Ordine dei medici, che rappresenta i consulenti incaricati dal Tribunale di svolgere le operazioni di accertamento sanitario.

In tal modo si è palesato del tutto che il vero intento di tale accordo non sia quello di rendere più efficiente e produttivo il processo previdenziale, bensì solo quello di sbilanciarne ulteriormente le sorti ulteriormente a favore della parte pubblica ed a danno dei cittadini - anziani, disabili e pensionati - propagandando tale operazione dietro fantomatiche finalità di efficienza e produttività le quali, al contrario, ne verrano definitivamente travolte.

A tal uopo, infatti, ci si domanda come il Presidente Picardi possa ritenere che sostituire le centinaia di studi medici privati dei consulenti nominati dal Tribunale - dotati di tutte le attrezzature mediche ed informatiche necessarie per lo svolgimento di un processo oramai esclusivamente telematico, nonché del personale medico e di assistenza proprio del singolo consulente - con soli 8 gabinetti medici concessi dalla ASL di Caserta - forniti di non si sa quale attrezzatura medica ed informatica e privi di personale infermieristico ed organizzativo - nei quali si dovrebbero avvicendare quotidianamente centinaia e centinaia di parti coinvolte nel processo (CTU, periziandi, medici di parte, accompagnatori ed avvocati), con tutti gli inevitabili ritardi per la sanificazione ed igienizzazione dei locali dopo ogni visita, oltre agli immaginabili disguidi e disorganizzazioni, possa comportare dei reali ed effettivi benefici in termini di efficienza e produttività del processo.

Appare evidente, infatti, che tale situazione non potrà che determinare un inevitabile ulteriore "imbuto" nell'iter di svolgimento del processo, che non potrà che dilatare in maniera esponenziale i già intollerabili tempi della giustizia, come già dimostrato dalla fallimentare esperienza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ove l'introduzione di un analogo sistema di centralizzazione delle perizie tecniche ha comportato un incredibile allungamento dei tempi di convocazione a visita medica, i quali, dagli originari 20/30 giorni dal conferimento dell'incarico da parte del magistrato (tempi che oggi si registrano anche al Tribunale di Napoli Nord), si attestano oggi in tempi che superano addirittura 1 ANNO dal conferimento dell'incarico peritale, con un inaccettabile ulteriore implementazione dei già lunghissimi tempi processuali, in un settore in cui la richiesta di giustizia, provenendo da parte dei soggetti più deboli della società (anziani, disabili e pensionati), assume i contorni di maggiore urgenza ed emergenza.

Di fronte all'attuale contingenza politica, in cui si sta discutendo di una riforma della giustizia finalizzata a contenere i troppo lunghi tempi di durata dei processi, il provvedimento in questione va proprio nella direzione opposta alle finalità assunte dal Governo, e sarebbe interessante conoscere sulla base di quali dati statistici e studi di settore il Presidente Picardi abbia ritenuto che tale sistema possa comportare un accorciamento dei tempi di effettuazione delle perizie, i quali oggi, grazie alla collaborazione ed all'impegno delle centinaia di consulenti medici privati nominati dal Tribunale, si attestano - lo ribadiamo - su soli 20/30 giorni dal conferimento dell'incarico, e che, al contrario, saranno inevitabilmente destinati ad allungarsi in maniera esponenziale, con un evidente enorme danno a carico dell'utenza e della collettività tutta.

giovedì 22 luglio 2021

Indebito assistenziale: le somme liquidate in una polizza vita non producono redditi rilevanti ai fini previdenziali (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n. 2998/2021)

In riferimento all'annosa questione degli indebiti assistenziali per motivi reddituali, ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente della Sezione Lavoro del Tribunale di Napoli Nord, reso in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Nel caso specifico, la sempre impeccabile d.ssa Federica Acquaviva Coppola, dopo aver sviscerato un interessantissimo excursus sull'evoluzione normativa degli indebiti assistenziali, si pronuncia sulla questione dell'imputazione dei capitali liquidati in una polizza vita, accogliendo la nostra tesi secondo cui la somma riscossa, non essendo fiscalmente imponibile, non ha contribuito alla produzione di redditi rilevanti ai fini previdenziali.

Come sempre il provvedimento viene pubblicato solo dopo la decorrenza del termine breve di 30 giorni per l'impugnazione, decorrente dalla notifica del titolo al procuratore costituito.

Buona lettura

Carmine Buonomo

giovedì 17 giugno 2021

Il mod AP23 "telematico" può essere inviato tramite piattaforma INPS solo dopo la comunicazione dell'avvenuta liquidazione della prestazione al de cuius

Come tutti voi saprete l'INPS ha predisposto un apposito modello (cd. AP23) che consente agli eredi legittimi o testamentari di un soggetto titolare di prestazione assistenziale, di poter richiedere il pagamento in proprio favore delle relative rate maturate e non riscosse dal de cuius in vita. 

E' importantissimo segnalare che fin quando l'INPS non provvede a liquidare la prestazione in favore del defunto, questo modello non può in alcun modo essere trasmesso attraverso la piattaforma telematica dell'Istituto (in quanto non si rinviene alcuna pensione su cui “appoggiarsi”), ma solo comunicato all'Ente informalmente attraverso PEC o formalmente attraverso la notifica.

Solo dopo l'avvenuta comunicazione della liquidazione della prestazione da parte dell'INPS, sarà possibile operare sul portale internet dell'istituto, presentando la relativa richiesta di pagamento.

Ho ritenuto opportuno segnalare questo importante passaggio in quanto mi sono giunte numerosi voci di giudizi di condanna post omologa positiva nei quali i giudici, pur condannando l'INPS al pagamento dei relativi ratei, hanno provveduto a compensare integralmente le spese di lite per non aver i ricorrenti presentato "telematicamente" (in quanto non era possibile farlo) il relativo modello AP23.

Carmine Buonomo   

mercoledì 28 aprile 2021

Indebito assistenziale per motivi reddituali: salvo il caso dolo, non sono ripetibili le somme in presenza di rituale dichiarazione dei redditi (Corte Appello Napoli, Sentenza n. 1287/2021)

Come avevo avuto modo di parlarne in un mio precedente articolo (LINK),  l'indebito assistenziale determinato dal venir meno dei requisiti reddituali previsti dalla legge abilita l'ente erogatore alla ripetizione delle somme versate solo a partire dal momento in cui è stato accertato il superamento dei predetti requisiti, a meno che non si provi che l'"accipiens" versasse in dolo rispetto a tale condizione (come ad esempio allorquando l'incremento reddituale fosse talmente significativo da rendere inequivocabile il venire meno dei presupposti del beneficio), trattandosi di coefficiente soggettivo idoneo a far venir meno l'affidamento alla cui tutela sono preposte le norme limitative della ripetibilità dell'indebito.

Questo principio, sancito più e più volte dalla Cassazione, era stato recepito dal Tribunale Nola con Sentenza n° 1880/2019 resa in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Non contento dell'esito del giudizio, l'Istituto soccomente impugnava la citata Sentenza, riproponendo in pratica le stesse argomentazioni del primo grado.

Con Sentenza n° 1287/2021 la Corte d'Appello di Napoli, a seguito delle nostre difese e con un interessantissimo excursus normativo e giurisprudenziale, nello statuire che "... deve rilevarsi che per tali anni la condizione reddituale dell'appellato era conosciuta o comunque conoscibile dall'INPS, avendo questi presentato rituale dichiarazione dei redditi", ha rigettato il gravame dell'INPS confermando l'irripetibilità delle somme contestate.

Carmine Buonomo 



giovedì 18 marzo 2021

E' vietata la compensazione delle spese di lite tra le parti "attesa la peculiarità della questione trattata" (Corte Appello Napoli, Sentenza n. 1317/2021)

Ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente della Corte di Appello di Napoli, resa in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Il giudice di prime cure, pur accogliendo in toto la domanda giudiziale del nostro assistito, provvedeva a compensare integralmente le spese di lite tra le parti "attesa la peculiarità della questione trattata".

La Corte d'Appello di Napoli, Consigliere Rel. dr. Edoardo Cilenti, pronunciandosi sulle nostre difese che richiamavano l'illegittimità della compensazione per palese violazione dell'art. 92, co II, cpc così come modificato dalla Sentenza n° 77/2018 della Corte Costituzionale, ha quindi dichiarato la fondatezza del gravame, condannando il soccombente INPS al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Carmine Buonomo 

martedì 22 dicembre 2020

Tabelle INPS prestazioni assistenziali: importi e limiti di reddito anno 2021 (Circolare INPS n° 148/2020)

 


Fonte: Pensionioggi.it

Al palo nel 2021 le prestazioni assistenziali per gli invalidi civili. 
Sia l'assegno mensile di invalidità che l'indennità di frequenza e la pensione di inabilita' civile valgono 287,09€ al mese contro i 286,81 euro erogati nel 2020. 
I nuovi importi sono stati comunicati ufficialmente dall'ente di previdenza con la Circolare numero 148/2020 che, come di consueto, adegua le prestazioni pensionistiche ed assistenziali all'andamento dell'inflazione. 
Quest'anno il tasso ISTAT è risultato pari a zero ma gli importi crescono leggermente per recuperare la differenza rispetto al tasso applicato provvisoriamente dal 1° gennaio 2020 (0,4% contro lo 0,5% definitivo). L'aumento, pertanto, va tutto sull'annualità 2020 (retroattivamente), nel 2021 non ci sarà alcuna ulteriore rivalutazione.

Aggiornati anche i limiti di reddito.
Per l'assegno mensile di invalidità e per l'indennità di frequenza non bisogna superare i 4.931,29 € mentre resta piu' alto il reddito per la pensione di inabilità civile pari a 16.982,49 € annui. 
Ai fini della concessione di tali prestazioni resta fermo il principio secondo il quale bisogna guardare solo al reddito del beneficiario della prestazione, con esclusione di quelli eventualmente percepiti dagli altri componenti del nucleo familiare a cominciare dal coniuge (ai sensi di quanto stabilito recentemente dall'articolo 10, comma 5 del Dl 76/2013). 
Per effetto della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 152/2020, inoltre, gli invalidi totali, i sordomuti titolari di pensione speciale e i ciechi assoluti possono ottenere il cd. incremento al milione sin dal compimento dei 18 anni (dai 70 anni per gli invalidi civili parziali e per i ciechi parziali) grazie al quale è possibile raggiungere un massimo di 652,02 euro al mese.