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mercoledì 31 agosto 2022

Socio amministratore di Srl e doppia contribuzione INPS (Cassazione n° 1759/2021)


La sentenza della Corte di Cassazione n. 1759/2021 (LINK) mette in luce un nuovo principio da seguire per l’obbligo della doppia contribuzione Inps del socio amministratore di Srl. 

Come noto, infatti, la legge n. 463/1959 ha previsto che il socio amministratore della Srl, percettore di un compenso, che contemporaneamente svolga attività commerciale o artigianale nell’azienda, sia soggetto a doppia contribuzione Inps.

Coloro che all’interno della società svolgono concretamente l’attività lavorativa e percepiscono un compenso per la loro attività di amministratore sono obbligati quindi ad iscriversi sia alla Gestione IVS commercianti o Artigiani che alla Gestione Separata Inps.

1) Il punto sulla doppia iscrizione degli Amministratori

Come dicevamo l'originaria normativa del 1959 prevedeva l’obbligo di iscrizione alla Gestione IVS gli imprenditori artigiani e i familiari loro coadiuvanti, dove per imprenditore artigiano si intende colui che "esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l'impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo", cosi come definito dall’art. 2 della legge 443/1985.

In seguito, la legge n.662/1996 ha previsto l’obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa agli esercenti attività commerciali, qualora i soggetti siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
b) abbiano la piena responsabilità dell'impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non e' richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché' per i soci di società a responsabilità limitata;
c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;
d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli".

In entrambi i casi, il socio amministratore di SRL, che nella società svolge prevalentemente il suo lavoro, è tenuto ad iscriversi alla Gestione IVS e al versamento dei contributi previdenziali in relazione alla quota di reddito societario da lui posseduta.

Il presupposto per l’iscrizione alla Gestione Commercianti o Artigiani IVS è lo svolgimento di un’attività commerciale o artigianale con la partecipazione personale dell’imprenditore al lavoro aziendale in maniera abituale e prevalente.

Ovviamente qualora il socio non sia amministratore, ma soltanto un soggetto che apporta soltanto capitale e non svolge alcuna attività lavorativa nella società, non è soggetto ad alcuna iscrizione alla Gestione IVS.

Per la loro attività di gestione e direzione della società, l’assemblea dei soci può stabilire di erogare un compenso al socio amministratore.

L’attribuzione di quel compenso determina l’obbligo per il socio amministratore di iscriversi anche alla Gestione separata.

La Gestione separata è un fondo pensionistico istituito con la legge 335/95, art art. 2 c. 26 , a cui devono iscriversi i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa ossia i soci amministratori che percepiscono appunto, il compenso.

Pertanto la doppia imposizione contributiva INPS per i soci amministratori delle SRL deriva da:Iscrizione alla Gestione Commercianti o Artigiani IVS per lo svolgimento in modo attivo del lavoro aziendale;
Iscrizione alla Gestione separata INPS per il compenso ricevuto come amministratore.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n.1759/2021, sottolinea come sia rilevante considerare le mansioni svolte dall’ amministratore, in quanto colui che esercita attività di supervisione, di referente per clienti e fornitori o l’aver assunto un dipendente, siano considerate tutte attività di ordinaria amministrazione, senza alcuna partecipazione all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda.

venerdì 5 giugno 2020

La condanna al versamento dei contributi previdenziali non può essere proposta direttamente nei confronti del datore di lavoro (Corte Appello Napoli, Sentenza n° 6124/2019)

Ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente giurisprudenziale reso dalla Sezione Lavoro della Corte d'Appello di Napoli, Consigliere relatore dr. De Pietro, in un giudizio patrocinato dal nostro studio.
Nel caso specifico il nostro assistito veniva convenuto in primo grado avanti il Tribunale di Napoli Nord da una ex lavoratrice per essere condannato al versamento dei contributi previdenziali.
Il Tribunale di Napoli Nord rigettava il ricorso con compensazione integrale delle spese di lite.
La soccombente, non contenta, decideva di impugnare la sentenza in Corte d'Appello.
Ci costituivamo quindi con domanda riconvenzionale chiedendo il rigetto dell'appello ed ovviamente la condanna alle spese del doppio grado di giudizio.
Il Giudice di seconde cure rigettava anche l'appello con condanna al pagamento delle spese di lite.  
La massima è che la condanna al versamento dei contributi previdenziali non può essere proposta direttamente nei confronti del datore di lavoro per difetto di legittimazione attiva del ricorrente.

Carmine Buonomo

lunedì 9 dicembre 2019

Solo l'INPS può agire in giudizio per ottenere il versamento dei contributi previdenziali; La pregressa transazione lavorativa inibisce la richiesta di risarcimento danno ex art. 2116 c.c. (Corte Appello Napoli, Sentenza n° 6124/2019)

In riferimento all'oggetto, ho il piacere di postare un interessantissimo precedente della Sezione Lavoro della Corte d'Appello di Napoli, reso in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Oggetto del contendere riguardava la richiesta di pagamento dei contributi previdenziali che la ricorrente - bypassando totalmente l'INPS - pretendeva fosse effettuato dal datore di lavoro.

Nel caso specifico, quindi, già in primo grado (Tribunale di Napoli Nord), quali resistenti, avevamo ottenuto un'importante vittoria con il rigetto delle pretese avanzate da parte ricorrente.

La soccombente nel primo giudizio però non si arrendeva ed impugnava la Sentenza; ci costituivamo quindi nel giudizio con appello incidentale chiedendo il rigetto del gravame e la condanna dell'appellante alle spese di giudizio, totalmente compensate in primo grado.

Con il provvedimento decisorio, la Corte d'Appello  - nel condannare l'appellante alle spese processuali e ad un ulteriore importo a titolo di C.U. - ha rigettato l'impugnazione, stabilendo che solo l'INPS può chiedere il versamento dei contributi previdenziali ed agire in giudizio per ottenerlo.

Interessante anche la parte in cui il collegio specifica che, essendo intervenuta un pregressa transazione lavorativa tra le parti, all'appellante è anche inibita  una potenziale richiesta del risarcimento del danno ex art. 2116, comma 2, c.c.    

Carmine Buonomo

venerdì 9 settembre 2016

Ammissibilita' dell'opposizione all'estratto di ruolo per contributi I.V.S. (Sentenza Tribunale di Napoli, Sezione Lavoro, n° 5344/2016)

Gli amici e colleghi avv.ti Mirko Acqua ed Orsola Ferone (http://www.studioacquaferone.it) ci segnalano un interessantissimo provvedimento della Sezione Lavoro del Tribunale di Napoli (Sentenza n° 5344/2016, G.L. dr. De Matteis) in cui, in un giudizio patrocinato dal loro studio, è stata accolta l'opposizione ad estratto di ruolo per mancato pagamento di contributi I.V.S. 


Nel merito il giudice ha ritenuto che "il ricorrente ha depositato un estratto di ruolo senza che alcun ulteriore atto qualificabile come esecutivo sia stato iniziato nei suoi confronti, intendendo produrre un'azione di accertamento negativo": pertanto ritiene ammissibile il suddetto accertamento negativo, anche al di fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore.


Il giudice chiarisce altresì che "l'interesse ad agire con azione di mero accertamento sussiste ogni volta che ricorra una pregiudizievole situazione di incertezza relativamente a diritti o rapporti giuridici che non sia eliminabile senza l'intervento del Giudice (Cassazione Lavoro n° 7096/12)". 

Pertanto essendo decorsi piu' di dieci anni dalla notifica della cartella il ricorso è stato accolto nel merito con vittoria di spese.

A seguire il testo integrale del provvedimento.

venerdì 22 aprile 2016

Estratto conto previdenziale e versamenti utili alla pensione: differenza contributi "al diritto" e "al calcolo"



Sono giunte al nostro studio richieste di aiuto sulle modalità di verifica dei contributi necessari per poter richiedere alcune tipologie di prestazioni previdenziali (es. assegno ordinario di invalidità, pensione di vecchiaia, disoccupazione, etc).


Incominciamo col dire cos'è un estratto conto previdenziale.
L'estratto conto, in pratica, è il riassunto di tutti i periodi di contribuzione che risultano registrati negli archivi dell'Inps e serve, appunto, per avere un quadro chiaro e riepilogativo della propria posizione previdenziale. 



Rappresenta, quindi, la fotografia della nostra vita lavorativa (che tipo di lavoro abbiamo svolto, il periodo di servizio militare, eventuali periodi di disoccupazione, periodi di maternità, etc).

Ciascuna gestione (lavoro dipendente, autonomo, agricolo), ha un diverso sistema di accredito dei contributi versati. Per talune sono i giorni per altre le settimane, i mesi o gli anni.

Ad esempio, l'anno lavorativo per un lavoratore dipendente si ritiene "completo" con l'accredito di 52 settimane, per un autonomo (artigiano o commerciante) con 12 mesi, per un autonomo agricolo (coltivatore diretto) con 156 giornate per un agricolo giornaliero (bracciante) con 51 giornate.



Nell' estratto contributivo sono inoltre presenti due colonne con due voci distinte cioè contributi utili per il diritto e per il calcolo. 


I contributi utili al diritto in pratica ci dicono "quanti contributi abbiamo versato per il DIRITTO alla pensione".
I contributi al calcolo ci dicono, invece, "su quanti contributi verrà calcolata un'eventuale prestazione, ovvero in che MISURA" (in passato, infatti, l'attuale colonna "al calcolo" era chiamata "misura").

Il più delle volte i due valori sono identici, ma sono ammesse delle eccezioni. 

Un esempio può essere l' estratto contributivo dei lavoratori part-time per i quali i contributi validi per per la misura sono inferiori rispetto a quelli validi per il diritto (il che e' logico in quanto non potranno avere un importo di pensione pari ai lavoratori full time in quanto, proporzionalmente, versano meno).

Altro esempio sono i contributi di malattia e disoccupazione ordinaria i quali, al contrario, valgono per la misura ma non per il diritto (limitatamente al requisito per le pensioni di anzianità).

Quindi, in estrema sintesi, quando siamo chiamati a verificare se ci sono o meno i contributi per poter richiedere una prestazione previdenziale, dovremo far riferimento alla colonna "AL DIRITTO"; quando invece vogliamo conteggiare il numero dei contributi su cui verrà rapportato l'importo economico della prestazione richiesta faremo riferimento alla colonna "AL CALCOLO".

Carmine Buonomo

mercoledì 4 novembre 2015

Prescrizione crediti contributivi derivanti da cartella esattoriale non opposta: no applicazione analogica art. 2953 cc (Corte d'Appello di Lecce, sez. lavoro, sentenza 668/2014)


Fonte: Altalex
“Alla luce di un più approfondito esame della materia, non può che ritenere che solo il credito derivante da una sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c. (che in quanto norma di carattere eccezionale, non può estendersi per analogia a casi semplicemente assimilabili), mentre, se la definitività del credito non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dalla norma specifica (Cass. 10.12.2009 n. 25790)” (C. App., Sez. Lav., Sent. N. 668 14/03/2014).
Il caso

mercoledì 28 ottobre 2015

Contributi previdenziali prescritti: possibile chiedere la restituzione (Cassazione, Sentenza n° 3489/2015)



Fonte: LavoroFisco

Massima: A differenza di quanto previsto dal diritto delle obbligazioni in generale (ove il pagamento del debito prescritto non comporta un diritto alla restituzione: art. 2034 c.c.), il pagamento dei contributi prescritti, non potendo neppure essere accettato dall’ente di previdenza pubblico (stante il divieto stabilito, peraltro operante indipendentemente dall’eccezione di prescrizione da parte dell’ente previdenziale e del debitore dei contributi, potendo essere rilevato d’ufficio), comporta che l’autore del pagamento ben può chiederne la restituzione.

Può essere chiesta la restituzione dei contributi previdenziali prescritti, non esistendo un diritto soggettivo degli assicurati a versarli. La Sezione lavoro Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3489 del 20 febbraio 2015, ha affermato un importante principio in tema di ripetizione di indebiti previdenziali, in particolare affermando che, a differenza di quanto previsto dal diritto delle obbligazioni in generale (ove il pagamento del debito prescritto non comporta un diritto alla restituzione), il pagamento dei contributi prescritti, non potendo neppure essere accettato dall’ente di previdenza pubblico comporta che l’autore del pagamento ben può chiederne la restituzione.

IL FATTO

giovedì 28 maggio 2015

Prescrizione breve: cartella Equitalia e contributi previdenziali Inps



La scadenza è di cinque anni anche se il contribuente non ha presentato opposizione alla cartella esattoriale notificata dall’Agente per la riscossione.

La cartella di Equitalia con la richiesta di pagamento si prescrive, secondo alcuni tribunali, dopo cinque anni. 

Questo vuol dire che, dopo tale termine, se non ti sono stati notificati atti che abbiano interrotto la prescrizione (per esempio, una semplice raccomandata a.r. o una email di posta certificata con un sollecito di pagamento), avresti diritto a chiedere la “cancellazione” del debito (per esempio, con uno di questi sistemi senza bisogno dell’avvocato). Per lo stesso ragionamento, non c’è neanche il rischio di un pignoramento o, se anche questo dovesse esserti notificato, potresti certamente fare ricorso al giudice.

Tale ragionamento vale se la cartella non è stata opposta e quindi sia divenuta definitiva (invece, se impugnata e poi confermata da una sentenza del giudice, la prescrizione sarebbe di 10 anni).

lunedì 29 dicembre 2014

Iscrizione ipotecaria e contributi IVS: prescrizione quinquennale anche nel caso di cartella esattoriale non impugnata nei 40 giorni



Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Catania, dott. Di Benedetto, all’udienza del 12.12.2014, abbracciando un orientamento giurisprudenziale che sta andando via via rafforzandosi, ha statuito che, anche nel caso di cartella esattoriale non opposta nei 40 giorni, i contributi Inps in essa richiesta si prescrivono sempre in 5 anni (e non in 10) ai sensi dell’ art. 3 co. 9 L. 335/1995.

Ed infatti, la cartella esattoriale non può essere equiparata ad una sentenza di condanna passata in giudicato per la quale vige il termine di prescrizione decennale.
La cartella di pagamento, invece, ha sempre natura di ATTO AMMINISTRATIVO e, per tanto, non potrà mai avere efficacia di giudicato come avviene per le sentenze.
Questo comporta il fatto che l’azione esecutiva, come puo’ essere l’ipoteca, volta al recupero del credito INPS, al quale non ci sia tempestivamente opposti, non è soggetta al termine decennale di prescrizione di cui all’art. 2953 c.c., ma al termine proprio della riscossione dei contributi e quindi al termine quinquennale introdotto dalla legge n. 335/1995.