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martedì 14 febbraio 2023

Prestazioni assistenziali: in assenza dell'identità di titolo, è illegittima la compensazione in misura eccedente 1/5 operata dall'INPS sugli arretrati (Cassazione, Sentenza n° 30220/2019)

Con la Sentenza n° 30220/2019, la Corte di Cassazione ha dichiarato l'illegittimità della compensazione in misura eccedente 1/5 operata dall'INPS tra il credito vantato per ricalcolo di assegno sociale ed il debito dell'Istituto, a titolo di arretrati per indennità di accompagnamento.

In particolare, nella liquidazione degli arretrati di accompagnamento, l'INPS aveva trattenuto l'intero importo dell'indebito in un'unica soluzione e non invece, come dovuto, entro i limiti del quinto.

Secondo il ricorrente Istituto, infatti, all'indebito assistenziale non sarebbero stati applicabili i limiti posti alla ripetibilità dell'indebito previdenziale.

Secondo la Corte, invece, in applicazione dell' art. 69 L. 153/1969, è applicabile la limitazione del quinto alla compensabilità anche per quanto riguarda i ratei arretrati.

Nella fattispecie in esame, sia l'indebito che gli arretrati si erano formati con riferimento a prestazioni assistenziali e dunque la questione avrebbe dovuto necessariamente trovare la sua disciplina normativa nelle norme generali sulla compensazione.

lunedì 12 settembre 2022

Contributo Unificato in Cassazione per i ricorsi lavoro e previdenza (Consiglio di Stato, Sentenza 3298/2019)




La disciplina del Contributo Unificato in Cassazione sulle materie di diritto del lavoro, ha subito una modifica abbastanza recente.
Infatti, fino a poco tempo fa, era dovuto in Cassazione il contributo unificato per tali materie, non valendo l'esenzione in base al reddito prevista, invece, per il primo grado.
La disciplina ha subito un drastico cambiamento a seguito della decisione del Consiglio di Stato con sentenza n. 3298 del 22 maggio 2019 che, accogliendo l’appello proposto dalle associazioni sindacali ha affermato il principio in base al quale «nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, l’esenzione disposta a favore della parte che sia titolare di un reddito inferiore a tre volte l’importo previsto dall’art. 76 debba restare ferma, anche per i giudizi in Cassazione, mentre il richiamo all’art. 13 comma 1 vale solo ad indicare l’ammontare della prestazione dovuta dalle parti che siano titolari di un reddito eccedente tale soglia».
Quindi il ricorrente in Cassazione, se in possesso di un reddito familiare inferiore alla soglia prevista dalla legge, non sarà più tenuto a versare il contributo unificato per le cause proposte dinanzi alla S.C. che, fino a quel momento, era quantificato nella misura di euro 1.036,00 per le cause di valore indeterminabile.

A seguire il testo del citato provvedimento, liberamente scaricabile.

venerdì 5 giugno 2020

La condanna al versamento dei contributi previdenziali non può essere proposta direttamente nei confronti del datore di lavoro (Corte Appello Napoli, Sentenza n° 6124/2019)

Ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente giurisprudenziale reso dalla Sezione Lavoro della Corte d'Appello di Napoli, Consigliere relatore dr. De Pietro, in un giudizio patrocinato dal nostro studio.
Nel caso specifico il nostro assistito veniva convenuto in primo grado avanti il Tribunale di Napoli Nord da una ex lavoratrice per essere condannato al versamento dei contributi previdenziali.
Il Tribunale di Napoli Nord rigettava il ricorso con compensazione integrale delle spese di lite.
La soccombente, non contenta, decideva di impugnare la sentenza in Corte d'Appello.
Ci costituivamo quindi con domanda riconvenzionale chiedendo il rigetto dell'appello ed ovviamente la condanna alle spese del doppio grado di giudizio.
Il Giudice di seconde cure rigettava anche l'appello con condanna al pagamento delle spese di lite.  
La massima è che la condanna al versamento dei contributi previdenziali non può essere proposta direttamente nei confronti del datore di lavoro per difetto di legittimazione attiva del ricorrente.

Carmine Buonomo

martedì 25 febbraio 2020

Ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno sociale è irrilevante la rinuncia all'assegno di mantenimento (Tribunale Roma, Sentenza n° 11041/2019)

La Sezione Lavoro del Tribunale di Roma conferma l'irrilevanza della rinuncia del coniuge separato all'assegno di mantenimento ai fini del perfezionamento del requisito reddituale richiesto per l'assegno sociale.

Ringrazio la collega avv. Michela Pugliese del foro di Roma per l'interessantissimo precedente messo a disposizione.

Il file liberamente scaricabile in formato .pdf è alla fine del post.


Troverete una serie di articoli sull'argomento al seguente LINK

Carmine Buonomo

mercoledì 29 gennaio 2020

Illegittima la compensazione operata dall'INPS, tra il credito per ratei di indennità di accompagnamento ed il debito relativo all'assegno sociale (Cassazione, Sentenza n° 30220/2019)


La Suprema Corte, premessa l’impignorabilità dell’assegno sociale, ha ritenuto che non vi sia identità di titolo tra detta prestazione e l’indennità di accompagnamento nonostante la loro comune riconducibilità nell’alveo delle prestazioni assistenziali, e pertanto non siano applicabili nè la compensazione impropria nè quella propria, stante il divieto imposto dal n. 3 dell’art. 1246 c.c. con riferimento ai crediti impignorabili.

Ringrazio l'amica e collega avv. Maria Paola Monti dello Studio "Zurolo e Monti" di Roma, admin della Pagina Facebook "Previdenzialisti Romani", per l'interessantissimo precedente segnalato.

Un altro utile articolo in tema di compensazione crediti/debiti, lo troverete QUI.

Carmine Buonomo


mercoledì 8 gennaio 2020

In caso di soppressione di prestazione assistenziale riconosciuta su precedente giudicato, il giudice deve procedere a una valutazione comparativa tra la precedente condizione e quella attuale (Cassazione, Sentenza n. 26090/2019)


Nelle controversie in materia di soppressione, per asserito miglioramento, di pensione di invalidità civile, di assegno di invalidità civile o di indennità di accompagnamento che siano state conseguita in forza di sentenza passata in giudicato, è necessario condurre una comparazione tra le condizioni di salute esistenti all'epoca della sentenza e quelle riscontrate in occasione del giudizio di revisione, atteso che in tali casi il giudicato si estende anche alla valutazione del carattere invalidante delle malattie che, se invariate, non possono essere diversamente valutate (così Cass. n. 12674 del 2003, cui ha dato seguito Cass. n. 5424 del 2006); 

Ringrazio, come sempre, l'amico e collega avv. Massimo Mazzucchiello per il prezioso materiale messo a disposizone.


lunedì 23 dicembre 2019

Anche la Sicilia si pronuncia sull'eccezione INPS "verbale revisione negativo = revoca della prestazione" (Tribunale Catania, ordinanza del 02/12/19)

Proseguono senza sosta i provvedimenti con cui i vari Tribunali italiani si pronunciano, rigettando, la  capziosa eccezione processuale dell'INPS secondo cui il verbale di revisione negativo (per l'Istituto equivalente alla revoca della prestazione in godimento) non sarebbe impugnabile in giudizio ma richiederebbe una nuova domanda amministrativa.

Questa volta è il turno del Tribunale di Catania, G.L. d.ssa Caterina Musumeci, con un'interessantissima ordinanza gentilmente inviatami dal collega avv. Giuseppe Marzano dell'omonimo foro.  

Troverete il file in formato .pdf, liberamente scaricabile, in fondo al post.

Altri articoli sulla questione "verbale di revisione / nuova domanda" a seguire:


Carmine Buonomo


venerdì 20 dicembre 2019

Verbale di revisione negativa: si alla nomina del CTU in mancanza di un formale provvedimento di revoca (Tribunale Napoli Nord, ordinanza del 17/12/19)

Il Tribunale di Napoli Nord, in persona del G.L. d.ssa Fabiana Colameo, con un ordinanza del 17/12/2019 resa in un giudizio patrocinato dal nostro studio, torna a pronunciarsi sulla eccezione di improcedibilità dell'INPS secondo cui il verbale di revisione sanitaria (per l'Istituto capziosamente equivalente alla revoca della prestazione) non sarebbe impugnabile in Tribunale

In particolare nel verbale d'udienza, in un ATPO avverso verbale di revisione negativo, il Giudice "... stante la mancanza di un provvedimento formale di revoca della prestazione..." provvede regolarmente al conferimento dell'incarico al CTU .





Altri articoli sulla questione "verbale di revisione / nuova domanda" a seguire:




Carmine Buonomo



lunedì 16 dicembre 2019

Dopo Napoli Nord e Bari, anche il Tribunale di Foggia rigetta l'eccezione INPS "verbale revisione / nuova domanda" (Trib. Foggia, ordinanza del 21/11/19)

Si susseguono a tamburo battente i provvedimenti con cui i Tribunali italiani stanno rigettando la capziosa eccezione di improcedibilità dell'INPS secondo cui il verbale di revisione sanitaria (per l'Istituto equivalente alla revoca della prestazione) non sarebbe impugnabile in Tribunale

La cosa interessante è che tutti gli uffici giudiziari prendono spunto dalla Sentenza della Cassazione n° 28445/2019 in un primo momento erroneamente e frettolosamente sbandierata come vittoria giudiziaria dall'INPS. 

Dopo i Tribunali di Napoli Nord e Bari, è il Tribunale di Foggia, in persona del G.L. dr. Ivano Caputo, a pronunciarsi sulla questione con un'interessantissima ordinanza gentilmente inviatami contemporaneamente dai colleghi avv.ti Giacomo A. Celentano e Luigi Francesco De Cesare.


giovedì 12 dicembre 2019

Anche la Puglia si pronuncia sull'eccezione INPS "verbale di revisione sanitaria = obbligo nuova domanda" (Trib. Bari, ordinanza del 03/12/2019)

Si susseguono inesorabilmente i provvedimenti con cui i Tribunali italiani, nel rigettare la strampalata eccezione di improcedibilità dell'INPS secondo cui il verbale di revisione sanitaria (per l'Istituto equivalente alla revoca della prestazione) non sarebbe impugnabile in Tribunale, provvedono alla nomina del CTU. 

La cosa interessante è che tutti gli uffici giudiziari prendono spunto dalla Sentenza della Cassazione n° 28445/2019 che in un primo momento era stata erroneamente e frettolosamente sbandierata come vittoria giudiziaria dall'INPS. 

Dopo il Tribunale di Napoli Nord (LINK) è il Tribunale di Bari in persona del dr. Giuseppe Lagioia, a pronunciarsi sulla questione con un'interessantissima ordinanza gentilmente inviatami dal collega avv. Luigi Francesco De Cesare dell'omonimo foro.

Buona lettura,

Carmine Buonomo

mercoledì 11 dicembre 2019

Il verbale di revisione sanitaria è sempre impugnabile in giudizio e non è richiesta la presentazione di una nuova domanda amministrativa (Trib. Napoli Nord, ordinanza del 10/12/2019)


Facendo seguito ai miei precedenti articoli che troverete QUI, QUI e QUI, ho il piacere di postare un importantissimo provvedimento, gentilmente messo a disposizione dall'amico e collega avv. Alberto Messina, nel quale la sempre impeccabile d.ssa Chiara Cucinella, Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Napoli Nord,  per la prima volta in Italia fornisce finalmente una cristallina ricostruzione logico giuridica sull'annosa questione "verbale di revisione / nuova domanda", anche alla luce della recentissima Sentenza della Cassazione n° 28445/20189, erroneamente e frettolosamente sbandierata dall'INPS come propria vittoria giudiziaria.

Nel provvedimento la d.ssa Cucinella - anche sulla base di quanto stabilito dalla S.C. - chiarisce l'importantissima distinzione tra verbale sanitario di revisione ed il (successivo ed eventuale) provvedimento di revoca, che l'INPS ha vergognosamente provato in tutti i modi a far passare in giudizio come un'unica cosa: a tutto ciò è seguito ovviamente il rinvio ad una successiva udienza per la nomina del CTU. 

Visto che la questione purtroppo è ancora controversa in parecchi fori italiani, invito i colleghi a stampare e a portare sempre con sè in udienza questa illuminante ordinanza, oltre alla scansione dei tre provvedimenti (verbale sanitario, sospensione del pagamento e revoca della prestazione) per farne capire all'interlocutore di turno le relative differenze, soprattutto grafiche, e quindi l'inconsistenza dell’eccezione sollevata dall'Istituto.

Troverete i files in formato .pdf, liberamente scaricabili, alla fine del post. 
  
Buona lettura

Carmine Buonomo

AGGIORNAMENTO 12/12/2019: ORDINANZA TRIBUNALE BARI

martedì 10 dicembre 2019

Invalidi Civili: domande più veloci anche per i soggetti tra 18 e 67 anni (Messaggio INPS n° 4601/2019)


Semplificazioni in arrivo per la concessione della prestazioni economiche di invalidità civile, di cecità o di sordità per i cittadini in età lavorativa tra 18 e 67 anni. 

Anche per questi soggetti, al pari di quanto attualmente accade per i soggetti non più in età lavorativa (cioè gli ultra 67enni) l'Inps consentirà di anticipare l’invio delle informazioni di tipo socio-economico già al momento della presentazione della domanda di invalidità civile. 

Lo rende noto l'Istituto di Previdenza con il messaggio numero 4601/2019.

Anche per tale categoria di beneficiari sarà possibile contrarre i tempi di erogazione dei benefici economici connessi al riconoscimento dell'invalidità civile, cecità o sordità attraverso l’anticipazione dell’invio delle informazioni di tipo socio-economico, che di norma sono trasmesse soltanto al termine della fase sanitaria con il modello AP70. 

Al momento della presentazione della domanda di invalidità il cittadino potrà fornire, quindi, non solo le indicazioni per l’accertamento sanitario (richiedente, rappresentante legale, recapiti, accertamento) ma anche altri dati funzionali alla liquidazione dell’eventuale prestazione economica (dati dell’eventuale ricovero; dati relativi allo svolgimento di attività lavorativa; dati reddituali;modalità di pagamento; delega alla riscossione di un terzo o di associazioni).

La novità sarà in vigore in via sperimentale dal 10 dicembre 2019 e riguarderà, in questa prima fase, solo le domande trasmesse online dai patronati. 

I dati, così come inseriti, transiteranno automaticamente, senza ulteriore intervento da parte del Patronato, in fase concessoria dopo la definizione del verbale sanitario che riconosce il diritto alla prestazione economica. Restano disponibili, in alternativa, le ordinarie modalità di trasmissione del modello “AP70” dopo il completamento della fase sanitaria, qualora in fase di domanda non fossero inseriti i dati descritti. 

lunedì 9 dicembre 2019

Solo l'INPS può agire in giudizio per ottenere il versamento dei contributi previdenziali; La pregressa transazione lavorativa inibisce la richiesta di risarcimento danno ex art. 2116 c.c. (Corte Appello Napoli, Sentenza n° 6124/2019)

In riferimento all'oggetto, ho il piacere di postare un interessantissimo precedente della Sezione Lavoro della Corte d'Appello di Napoli, reso in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Oggetto del contendere riguardava la richiesta di pagamento dei contributi previdenziali che la ricorrente - bypassando totalmente l'INPS - pretendeva fosse effettuato dal datore di lavoro.

Nel caso specifico, quindi, già in primo grado (Tribunale di Napoli Nord), quali resistenti, avevamo ottenuto un'importante vittoria con il rigetto delle pretese avanzate da parte ricorrente.

La soccombente nel primo giudizio però non si arrendeva ed impugnava la Sentenza; ci costituivamo quindi nel giudizio con appello incidentale chiedendo il rigetto del gravame e la condanna dell'appellante alle spese di giudizio, totalmente compensate in primo grado.

Con il provvedimento decisorio, la Corte d'Appello  - nel condannare l'appellante alle spese processuali e ad un ulteriore importo a titolo di C.U. - ha rigettato l'impugnazione, stabilendo che solo l'INPS può chiedere il versamento dei contributi previdenziali ed agire in giudizio per ottenerlo.

Interessante anche la parte in cui il collegio specifica che, essendo intervenuta un pregressa transazione lavorativa tra le parti, all'appellante è anche inibita  una potenziale richiesta del risarcimento del danno ex art. 2116, comma 2, c.c.    

Carmine Buonomo

mercoledì 4 dicembre 2019

La cartella esattoriale Inps si prescrive in 5 anni se non si procede alla riscossione o non si notifica alcun atto interruttivo (Cassazione, ord. 31010/2019)


Sulla scorta di quanto già stabilito dalle dalle Sezioni Unite della Cassazione con Sentenza n. 23397/2016, e poi con Ordinanza n. 21704/ 2018, la Suprema Corte ribadisce per l'ennesima volta il principio secondo cui se nell'arco dei cinque anni dalla notifica della cartella non si procede alla riscossione coattiva o non viene notificato un atto interruttivo della prescrizione il credito si prescrive ed è strumento idoneo a far valere l'intervenuta prescrizione anche l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. (in combinato disposto con l'art. 618-bis c.p.c. in materia di previdenza), che tende a contestare l'an dell'esecuzione e, come è noto, uno dei «vizi » che giustificano il ricorso all'art. 615 c.p.c. è proprio l'intervenuta prescrizione del credito successiva alla formazione del titolo.

giovedì 28 novembre 2019

Art. 149 d.a. cpc: è pacifica l'applicabilità al giudizio di opposizione ad ATPO negativo (Cassazione, ord. n° 30860/2019)



La Corte di Cassazione, con la recentissima ordinanza n° 30860 del 26/11/2019, ha definitivamente sancito la pacifica applicabilità dell'art. 149 d.a. cpc (aggravamento patologia intervenuto in corso di causa) al giudizio di opposizione ad ATPO negativo.

Per la Corte, escludere tale possibilità vanificherebbe il procedimento spedito e peculiare voluto dal legislatore, la ratio deflativa della novella, oltre a creare disarmonie nella protezione dei diritti condizionate dai percorsi processuali prescelti. 

Ringrazio l'amico e collega avv. Massimo Mazzucchiello per l'importantissimo precedente messo a disposizione.



giovedì 21 novembre 2019

Revoca prestazione assitenziale e necessità nuova domanda: importanti precisazioni!!!

Come ho avuto già modo di parlarne QUI e QUI, l'orientamento della Cassazione secondo cui, quando interviene la revoca di una prestazione assistenziale, il beneficiario deve presentare una nuova domanda amministrativa non solo è sacrosanto ma non fa altro che confermare quanto previsto dalla normativa in materia.

Il problema però è far capire ai solerti procuratori dell'Istituto, che propugnano acriticamente questa teoria senza evidentemente capire di cosa si parla, la differenza formale e sostanziale tra il verbale negativo di revisione sanitaria (sempre impugnabile in giudizio, cui seguirà la sospensione della prestazione nei 30 giorni successivi) ed il successivo provvedimento di revoca (che può intervenire solo quando il verbale non viene impugnato in giudizio nei 6 mesi oppure, se impugnato, il relativo giudizio dovesse concludersi con esito negativo).  

E' evidente che qualora, per assurdo e per ipotesi, il provvedimento formale di revoca dovesse intervenire prima dei 6 mesi stabiliti per l'impugnazione o prima della conclusione del giudizio di ATPO, quest'ultimo sarebbe autonomamente impugnabile con ricorso ordinario per mancanza di motivazione.

Quindi, ritenendo di far cosa gradita a tutti, anche per far meglio comprendere la differenza "grafica" con il verbale sanitario, provvedo ad allegare un formale provvedimento di revoca che l'INPS emette (o meglio emetteva fino a qualche anno fa, visto che per "spending review" oramai non lo invia più) solo dopo che sia diventato definitivo il verbale negativo di revisione.

Vi invito pertanto a stamparne una copia da portare sempre con voi (click tasto destro sull'immagine e poi salva con nome) per far capire al destinatario la differenza sostanziale e soprattutto formale tra i due provvedimenti.

Carmine Buonomo




 

mercoledì 20 novembre 2019

Gestione separata INPS: il dies a quo del termine prescrizionale decorre dal giorno in cui i contributi dovevano essere corrisposti, anche in assenza di compilazione del quadro RR del modello UNICO (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n° 4134/2019)

Con la Sentenza n° 4134/2019, resa in un giudizio patrocinato dal nostro studio, la Sezione Lavoro del Tribunale di Napoli Nord si pronuncia sul termine prescrizionale dei contributi dovuti da un avvocato a titolo di Gestione Separata INPS.

In particolare, la sempre encomiabile dott.ssa Federica Acquaviva Coppola, cui va il nostro più sentito ringraziamento per essere stata tra i primi magistrati ad affrontare la questione dolo/mancata compilazione quadro RR del modello UNICO, dopo aver effettuato un'interessantissima ricostruzione normativa e giurisprudenziale, conclude che il dies a quo del termine prescrizionale decorre dal giorno in cui i contributi dovevano essere corrisposti secondo la vigente normativa.

Inoltre alla dichiarazione dei redditi non può attribuirsi né efficacia interruttiva della prescrizione ex art. 2944 c.c., quale atto di riconoscimento del debito (cfr. Cass. 22.12.2012 n. 2620 e Cass. 12.5.2004 n. 9054), attesa l’omessa individuazione, in essa, degli obblighi contributivi connessi al lavoro autonomo soggetto a contribuzione in favore della gestione separata (quadro RR), né efficacia sospensiva della prescrizione ex art. 2941 n. 8 c.c., quale atto di occultamento doloso della esistenza del debito, sia per difetto di prova della intenzionalità specifica, sia perché non ne è derivata all’ente creditore un’assoluta impossibilità di agire ma una mera difficoltà di accertamento del credito (cfr. Cass. 13.10.2014 n. 21567).

Carmine Buonomo

martedì 19 novembre 2019

Indebito assistenziale per motivi reddituali: salvo il caso dolo, sono ripetibili solo le somme versate successivamente all'accertamento del superamento dei requisiti (Tribunale Nola, Sentenza n° 1880/2019)

Ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente della Sezione Lavoro del Tribunale di Nola, G.L. d.ssa F. Di Palma, reso in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Nel caso specifico si controverteva su un ingente indebito su prestazione di invalidità civile, scaturito dal superamento (per soli € 100,00 annui) dei requisiti reddituali.

A seguito di una particolareggiata ricostruzione logico-giuridica il giudice dichiara irripetibili le somme, con condanna dell'INPS alla restituzione di quanto eventualmente già recuperato.

Nella motivazione si legge che l'indebito assistenziale determinato dal venir meno dei requisiti reddituali previsti dalla legge abilita l'ente erogatore alla ripetizione delle somme versate solo a partire dal momento in cui è stato accertato il superamento dei predetti requisiti, a meno che non si provi che l'"accipiens" versasse in dolo rispetto a tale condizione (come ad esempio allorquando l'incremento reddituale fosse talmente significativo da rendere inequivocabile il venire meno dei presupposti del beneficio), trattandosi di coefficiente soggettivo idoneo a far venir meno l'affidamento alla cui tutela sono preposte le norme limitative della ripetibilità dell'indebito.

Carmine Buonomo

martedì 5 novembre 2019

Avverso il verbale negativo di revisione sanitaria è possibile proporre ricorso giudiziario nei termini di legge e non è richiesta una nuova domanda (Cassazione, sentenza n° 28445/2019)


Circa un mese fa avevo postato un mio articolo (LINK), relativo ad una contestatissima eccezione processuale frequentemente sollevata dall'INPS nei giudizi di ATPO avverso i verbali negativi di revisione sanitaria.

In particolare, secondo l'INPS, sulla base di un “consolidato” orientamento giurisprudenziale, quando un cittadino intenda ottenere il ripristino di una prestazione assistenziale precedentemente REVOCATA, questi è tenuto presentare una nuova domanda amministrativa, essendo preclusa l’impugnativa in sede giudiziale del relativo provvedimento.

Nel post avevo evidenziato la ovvietà di quanto stabilito dalla Cassazione sottolineando, però, che IL VERBALE NEGATIVO DI REVISIONE SANITARIA NON EQUIVALE CERTAMENTE AL PROVVEDIMENTO DI REVOCA DELLA PRESTAZIONE GODUTA e che la revoca stessa, che deve essere preceduta per legge da un provvedimento di sospensione, teoricamente sarebbe potuta intervenire solo in caso di mancata proposizione del ricorso per ATPO nei sei mesi o in caso di ATPO negativo.

Fortunatamente a distanza di pochi giorni è intervenuta la Cassazione che, in un giudizio patrocinato dall'amico e collega avv. Stefano Pannone, pur rigettando il ricorso per un mero vizio formale, non fa altro che formalizzare la mia ricostruzione logico/giuridica.

Andando a esaminare, infatti, i punti da 18 a 20 della parte motiva della "illuminante" Sentenza n° 28445/2019 depositata il 05/11/2019, si legge:



18. Inoltre, poiché l'art. 20, comma 2, d.l. n. 78 del 2009 ha richiamato il disposto dell'art. 5, comma 5, d.P.R. n. 698 del 1994, la revoca è preceduta dalla sospensione cautelativa della prestazione, che viene comunicata entro trenta giorni all'interessato.



19. DUNQUE, NULLA VIETA ALL'INTERESSATO, CHE RITENGA INFONDATA L'AZIONE AMMINISTRATIVA DI VERIFICA DEI PRESUPPOSTI PER IL MANTENIMENTO DELL'EROGAZIONE DEL TRATTAMENTO, DI TUTELARE GIÀ IN SEDE DI SOSPENSIONE IL DIRITTO ALLA PRESTAZIONE (L'EROGAZIONE È APPUNTO SOLO SOSPESA E IL DIRITTO NON È ANCORA ESTINTO), MEDIANTE TEMPESTIVA AZIONE GIUDIZIARIA che si giustifica quanto ad interesse ad agire per l'indubbia attualità della lesione patrimoniale che deriverebbe dalla illegittimità della misura cautelativa e che non richiede alcuna nuova domanda amministrativa, essendo la sospensione prevista espressamente dalla legge (vd. Cass. n. 6590 del 2014 cit. ed i richiami ivi effettuati).

20. VICEVERSA, OVE LA REVOCA SIA STATA DEFINITIVAMENTE ADOTTATA, con il consequenziale definitivo effetto estintivo, L'INTERESSATO DEVE PRESENTARE UNA NUOVA DOMANDA e ciò può avvenire anche il giorno successivo a quello in cui la revoca viene formalizzata e comunicata.



E anche in questo caso, non ci resta che dire.... "et fuit lux!!!"



Carmine Buonomo

lunedì 4 novembre 2019

Fatturazione e pagamento dei compensi da parte dell'INPS soccombente in giudizio

Da anni si è sempre posto il problema se, in caso di pagamento degli onorari effettuati dall'INPS, la relativa fattura andasse intestata all'Istituto soccombente in giudizio o, viceversa, al cliente sottoscrittore del mandato.
Sul punto, mentre l'INPS non ha mai preso una posizione precisa, l'Agenzia delle Entrate, con propri atti interni, aveva velatamente affermato l'obbligo di fatturazione esclusivamente nei confronti del cliente.
Tuttavia l'assenza di una normativa chiara ed univoca ha continuato ad ingenerale grossi dubbi su chi fosse effettivamente il destinatario della fattura.
Finalmente l'INPS ha deciso di prendere posizione espressa, anche in considerazione delle difficoltà operative derivanti dall'adozione della fattura elettronica.
Con pec ricevuta in data odierna con cui l'INPS mi ha comunicato il pagamento di alcuni compensi di giudizio, si legge: "FATTURAZIONE E PAGAMENTO DEI COMPENSI: NON È RICHIESTA L’EMISSIONE DI ALCUNA FATTURA ELETTRONICA PER LE SPESE DI LITE NEI CONFRONTI DELL’INPS, BENSÌ, ESCLUSIVAMENTE NEI CONFRONTI DEL RICORRENTE CHE LE HA CONFERITO IL MANDATO".
Et lux fuit!!!!

Carmine Buonomo