lunedì 9 dicembre 2019

Solo l'INPS può agire in giudizio per ottenere il versamento dei contributi previdenziali; La pregressa transazione lavorativa inibisce la richiesta di risarcimento danno ex art. 2116 c.c. (Corte Appello Napoli, Sentenza n° 6124/2019)

In riferimento all'oggetto, ho il piacere di postare un interessantissimo precedente della Sezione Lavoro della Corte d'Appello di Napoli, reso in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Oggetto del contendere riguardava la richiesta di pagamento dei contributi previdenziali che la ricorrente - bypassando totalmente l'INPS - pretendeva fosse effettuato dal datore di lavoro.

Nel caso specifico, quindi, già in primo grado (Tribunale di Napoli Nord), quali resistenti, avevamo ottenuto un'importante vittoria con il rigetto delle pretese avanzate da parte ricorrente.

La soccombente nel primo giudizio però non si arrendeva ed impugnava la Sentenza; ci costituivamo quindi nel giudizio con appello incidentale chiedendo il rigetto del gravame e la condanna dell'appellante alle spese di giudizio, totalmente compensate in primo grado.

Con il provvedimento decisorio, la Corte d'Appello  - nel condannare l'appellante alle spese processuali e ad un ulteriore importo a titolo di C.U. - ha rigettato l'impugnazione, stabilendo che solo l'INPS può chiedere il versamento dei contributi previdenziali ed agire in giudizio per ottenerlo.

Interessante anche la parte in cui il collegio specifica che, essendo intervenuta un pregressa transazione lavorativa tra le parti, all'appellante è anche inibita  una potenziale richiesta del risarcimento del danno ex art. 2116, comma 2, c.c.    

Carmine Buonomo

mercoledì 4 dicembre 2019

La cartella esattoriale Inps si prescrive in 5 anni se non si procede alla riscossione o non si notifica alcun atto interruttivo (Cassazione, ord. 31010/2019)


Sulla scorta di quanto già stabilito dalle dalle Sezioni Unite della Cassazione con Sentenza n. 23397/2016, e poi con Ordinanza n. 21704/ 2018, la Suprema Corte ribadisce per l'ennesima volta il principio secondo cui se nell'arco dei cinque anni dalla notifica della cartella non si procede alla riscossione coattiva o non viene notificato un atto interruttivo della prescrizione il credito si prescrive ed è strumento idoneo a far valere l'intervenuta prescrizione anche l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. (in combinato disposto con l'art. 618-bis c.p.c. in materia di previdenza), che tende a contestare l'an dell'esecuzione e, come è noto, uno dei «vizi » che giustificano il ricorso all'art. 615 c.p.c. è proprio l'intervenuta prescrizione del credito successiva alla formazione del titolo.

giovedì 28 novembre 2019

Art. 149 d.a. cpc: è pacifica l'applicabilità al giudizio di opposizione ad ATPO negativo (Cassazione, ord. n° 30860/2019)



La Corte di Cassazione, con la recentissima ordinanza n° 30860 del 26/11/2019, ha definitivamente sancito la pacifica applicabilità dell'art. 149 d.a. cpc (aggravamento patologia intervenuto in corso di causa) al giudizio di opposizione ad ATPO negativo.

Per la Corte, escludere tale possibilità vanificherebbe il procedimento spedito e peculiare voluto dal legislatore, la ratio deflativa della novella, oltre a creare disarmonie nella protezione dei diritti condizionate dai percorsi processuali prescelti. 

Ringrazio l'amico e collega avv. Massimo Mazzucchiello per l'importantissimo precedente messo a disposizione.



giovedì 21 novembre 2019

Revoca prestazione assitenziale e necessità nuova domanda: importanti precisazioni!!!

Come ho avuto già modo di parlarne QUI e QUI, l'orientamento della Cassazione secondo cui, quando interviene la revoca di una prestazione assistenziale, il beneficiario deve presentare una nuova domanda amministrativa non solo è sacrosanto ma non fa altro che confermare quanto previsto dalla normativa in materia.

Il problema però è far capire ai solerti procuratori dell'Istituto, che propugnano acriticamente questa teoria senza evidentemente capire di cosa si parla, la differenza formale e sostanziale tra il verbale negativo di revisione sanitaria (sempre impugnabile in giudizio, cui seguirà la sospensione della prestazione nei 30 giorni successivi) ed il successivo provvedimento di revoca (che può intervenire solo quando il verbale non viene impugnato in giudizio nei 6 mesi oppure, se impugnato, il relativo giudizio dovesse concludersi con esito negativo).  

E' evidente che qualora, per assurdo e per ipotesi, il provvedimento formale di revoca dovesse intervenire prima dei 6 mesi stabiliti per l'impugnazione o prima della conclusione del giudizio di ATPO, quest'ultimo sarebbe autonomamente impugnabile con ricorso ordinario per mancanza di motivazione.

Quindi, ritenendo di far cosa gradita a tutti, anche per far meglio comprendere la differenza "grafica" con il verbale sanitario, provvedo ad allegare un formale provvedimento di revoca che l'INPS emette (o meglio emetteva fino a qualche anno fa, visto che per "spending review" oramai non lo invia più) solo dopo che sia diventato definitivo il verbale negativo di revisione.

Vi invito pertanto a stamparne una copia da portare sempre con voi (click tasto destro sull'immagine e poi salva con nome) per far capire al destinatario la differenza sostanziale e soprattutto formale tra i due provvedimenti.

Carmine Buonomo




 

mercoledì 20 novembre 2019

Gestione separata INPS: il dies a quo del termine prescrizionale decorre dal giorno in cui i contributi dovevano essere corrisposti, anche in assenza di compilazione del quadro RR del modello UNICO (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n° 4134/2019)

Con la Sentenza n° 4134/2019, resa in un giudizio patrocinato dal nostro studio, la Sezione Lavoro del Tribunale di Napoli Nord si pronuncia sul termine prescrizionale dei contributi dovuti da un avvocato a titolo di Gestione Separata INPS.

In particolare, la sempre encomiabile dott.ssa Federica Acquaviva Coppola, cui va il nostro più sentito ringraziamento per essere stata tra i primi magistrati ad affrontare la questione dolo/mancata compilazione quadro RR del modello UNICO, dopo aver effettuato un'interessantissima ricostruzione normativa e giurisprudenziale, conclude che il dies a quo del termine prescrizionale decorre dal giorno in cui i contributi dovevano essere corrisposti secondo la vigente normativa.

Inoltre alla dichiarazione dei redditi non può attribuirsi né efficacia interruttiva della prescrizione ex art. 2944 c.c., quale atto di riconoscimento del debito (cfr. Cass. 22.12.2012 n. 2620 e Cass. 12.5.2004 n. 9054), attesa l’omessa individuazione, in essa, degli obblighi contributivi connessi al lavoro autonomo soggetto a contribuzione in favore della gestione separata (quadro RR), né efficacia sospensiva della prescrizione ex art. 2941 n. 8 c.c., quale atto di occultamento doloso della esistenza del debito, sia per difetto di prova della intenzionalità specifica, sia perché non ne è derivata all’ente creditore un’assoluta impossibilità di agire ma una mera difficoltà di accertamento del credito (cfr. Cass. 13.10.2014 n. 21567).

Carmine Buonomo