giovedì 27 novembre 2014

Il diritto all'indennita' di accompagnamento spetta nel caso in cui il soggetto, pur essendo in condizione di compiere da solo gli elementari atti quotidiani della vita nell'abitazione, non sia in grado di uscire dalle mura domestiche per provvedere alle proprie necessita' (Cass. 8060/2004).



Precisazioni sui concetti di incapacità di deambulazione e necessità di assistenza continua

Il fatto che l'indennità di accompagnamento venga riconosciuta solo a chi non è in grado di camminare è un'interpretazione che deve ormai essere superata ed è stato appurato da diverse norme che hanno approfondito il concetto. In particolare la Sentenza della Cassazione n. 8060/04 ha ribadito che: 


"Questa Corte ha più volte precisato che le condizioni previste dall'art. I della L. 11 febbraio 1980, n. 18 ai fini dell'attribuzione dell'indennità di accompagnamento in favore dei mutilati e invalidi civili totalmente inabili consistono alternativamente o nell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua. (v. in ultimo pronunce di questa Corte n. 4887 dei 5 aprile 2002; n. 6882 del 13 maggio 2002; n. 1003 del 23 gennaio 2003); sia per l'una che per l'altra condizione di impossibilità o di incapacità deve trattarsi di una situazione permanente e non già episodica del totalmente inabile". 

Tenendo conto di quanto detto, la Cassazione ha stabilito che l' indennità di accompagnamento può essere riconosciuta anche se c'è la possibilità di svolgere autonomamente gli atti quotidiani della vita, tipici dell'età, ma la persona non è in grado di uscire e camminare da sola fuori dalla propria abitazione.

Pertanto con la sentenza 8060/2004, la Cassazione ha respinto il ricorso del ministero del Tesoro volto a negare il diritto all'indennità, riconosciuto in appello dal tribunale di Milano, a una persona in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, come lavarsi, nutrirsi e muoversi autonomamente, seppure a fatica, nella propria abitazione. 

Il Tribunale ha ritenuto rientri nei parametri della non autosufficienza, per il diritto all'indennità, la riconosciuta impossibilità della persona di uscire dall'abitazione per provvedere alle proprie necessità. 

In altre parole, il grado di invalidità necessario per accedere all'indennità è 100% (cioè inabilità totale) in concomitanza con il requisito di l'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore, oppure l'impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vita e la conseguente necessità di assistenza continua. 

E' importante cercare di chiarire cosa s'intende per incapacità di deambulazione, incapacità o impossibilità a compiere gli atti quotidiani della vita e necessità di assistenza continua. 

L'incapacità di deambulazione è da intendersi come impossibilità o incapacità a svolgere la complessa funzione neuromotoria della deambulazione; In particolare, è da intendersi non deambulante la persona invalida che non possiede o ha gravemente alterata tale funzione per amelia, dismelia, paralisi, ecc. o non è in grado di controllarla perché affetto da forme neuropsichiche. 

La necessità di assistenza continua si verifica quando l'autonomia nel compiere un complesso significativo ed esistenziale dei suddetti atti quotidiani viene a mancare e sorge, rispetto ad una persona normale di corrispondente età, l'esigenza di assistenza continua per assicurare un minimo di condizioni vitali per l'autosufficienza quotidiana, si concretizza l'impossibilità di compiere autonomamente gli atti di ogni giorno della vita, essendo alterato ogni rapporto concreto con la realtà quotidiana (Circolare Ministero del Tesoro 14/1992). 

Il quesito se il diritto all'indennità di accompagnamento si realizzi anche in mancanza di uno solo dei requisiti di autonomia della vita vegetativa e di relazione non sembra porsi, sostiene il Ministero della Sanità (circolare prot. 500.6 del 17 marzo 1986), in quanto più funzioni sono generalmente cointeressate in una menomazione psichica o fisica grave a tal punto da ledere l'autonomia dell'individuo. 
D'altra parte, perché sorga il diritto all'indennità la mancanza deve esercitarsi su un insieme di funzioni e di attività tali che ne risulti alterato il rapporto concreto con la realtà quotidiana. 

Secondo la giurisprudenza, la capacità non deve parametrarsi sul numero degli elementari atti giornalieri, ma sopratutto sulle loro ricadute (tra cui l'incidenza sulla salute del malato e la salvaguardia della sua dignità come persona) e sul rapporto con le singole attività, perché la qualità di queste può incidere significativamente sia sulla necessità di un'assistenza sia sul diritto alla salute. 

Anche l'incapacità ad un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e per l'imprevedibilità del loro accadimento, attestare di per sé la necessità di una effettiva assistenza giornaliera e pertanto anche un solo atto che abbia cadenza quotidiana determina la non autosufficienza prevista dalla norma per la concessione del beneficio (Cass. 13362/2003). 

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 8060 del 27.04.2004, ha ribaltato il precedente orientamento (Cass.14293/1999; 15303/2001), ritenendo sussistente il diritto all'indennità di accompagnamento anche nel caso in cui il soggetto sia in condizione di compiere da solo gli elementari atti quotidiani della vita qualora non sia in grado di uscire dalle mura domestiche (al fine di provvedere al rifornimento necessario di viveri e di medicinali) per provvedere alle proprie necessità


Fonte: Guida pratica "L' Invalidità civile" 


Il Sole 24 Ore

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