In riferimento al servizio "Difendersi da chi ti deve difendere" mandato in onda dalla
trasmissione "Le iene" nella puntata dell’11/12/2016 (LINK), ritengo opportuno evidenziare quanto segue.
Il conduttore ed i soggetti intervistati confondono, sicuramente in buona fede, il "gratuito patrocinio" (o patrocinio a spese dello Stato:
L.
n. 134/2001; D.P.R. n. 115/2002, artt. dal 74 al 141) con la gratuità
dell'attività di consulenza offerta dagli enti di patronato.
I patronati, per legge, devono fornire assistenza gratuita ai cittadini per 92 famiglie di servizi, TRA CUI - SALVO ECCEZIONI - NON E' ASSOLUTAMENTE INCLUSA L'ASSISTENZA GIUDIZIARIA (D.M. 193/2008 E L. 152/2001).
E’ pacifico e quindi fuori discussione che, in regime di gratuito patrocinio, l’avvocato non possa chiedere all'assistito ulteriori somme rispetto a quelle liquidategli dal Giudice.
Tuttavia nel servizio in oggetto, l’ammissione al gratuito
patrocinio non solo è dubbia ma non viene nemmeno provata con l'esibizione della relativa delibera!!!
I protagonisti del servizio, infatti, iniziano parlando di
gratuito patrocinio, poi cambiano dicendo che "..l’avvocato del patronato è gratis" ed infine si spingono addirittura ad affermare con lucida veemenza (lo dice persino
l’avv. Arnone nell’intervista) che "…l’avvocato lo paga il patronato!!!" (con
quali fondi, peró, non lo dice).
Il legale del patronato, ferma la gratuità della consulenza
prevista per legge, in alcuni casi può concordare a
priori con l’assistito che quest'ultimo non versi alcuna spesa legale in caso di esito negativo
della controversia: ciò è possibile in quanto i giudizi di previdenza ed assistenza sono esenti per alcune attività (es. costi notifiche e registrazione); inoltre i nuclei familiari con redditi inferiori a precisi limiti di
legge possono godere dall’esonero del pagamento del contributo unificato e
dalla condanna alle spese di lite in caso di soccombenza.
In questo ultimo caso, l’avvocato di patronato può quindi decidere
di "investire" il suo tempo e denaro sul buon esito della controversia e quindi, in caso di sconfitta, accollarsi totalmente
le spese vive anticipate per la causa.
Nei frequentissimi casi, invece, di compensazione integrale o parziale delle spese di lite da parte del giudice, non esiste alcuna convenzione legale con i patronati che possa imporre all’avvocato di non chiedere al cliente le spese di giudizio sulla base di un accordo (c.d. preventivo) preventivamente sottoscritto tra le parti o, in alternativa, sulla base di formale nota spese redatta ai sensi del D.M. n° 55/2014.
La cosa che mi ha lasciato interdetto è la circostanza che la protagonista del servizio dichiara che l’avvocato del patronato le avrebbe "estorto" il
50% degli arretrati; successivamente, e non ne capisco il motivo, per la gestione della pratica del
secondo figlio la stessa si è rivolta senza pensarci due volte allo stesso ufficio (???).
Successivamente, nel corso dell’intervista, si materializza un non meglio specificato contratto con l'avvocato.
Alla domanda dell’intervistatore
se la signora avesse mai sottoscritto alcun mandato (non si capisce cosa c’entri
il mandato col contratto/preventivo esibito), questa prima dice di non aver mai
firmato alcunché (ed allora non si spiega nemmeno a che titolo abbia poi incassato
i soldi della causa), poi dice "penso di no", poi ancora di non
ricordare ed infine che la firma non le sembra la sua... però sull'argomento la Iena soprassiede!!!
Se la firma veramente non fosse stata la sua, per amore di giustizia,
l’intervistatore avrebbe dovuto interessare quanto meno un grafologo per fare chiarezza sulla realtà dei fatti.
Per quanto invece riguarda i componenti della seconda famiglia intervistata,
questi affermano di non aver corrisposto nulla all'avvocato perché non si sarebbe
presentato all’appuntamento trappola (concordato con i carabinieri) per versargli il pagamento in "nero".
A questo punto, però, la famiglia, senza entrare troppo nei dettagli, dice di aver subito e subire ancora le conseguenze una
disastrosa procedura di pignoramento intentata dall’avvocato.
E’ evidente che il giudice dell’esecuzione ha potuto disporre l'assegnazione delle somme in favore dell'avvocato solo sulla base di un'approfondita istruttoria che, presumo, avrà portato alla luce le inadempienze (taciute nella trasmissione) di parte debitrice.
Nel servizio, quindi, come purtroppo è usanza di parte del
giornalismo, si è partiti da una notizia di cronaca presumibilmente vera,
distorcendone ed amplificandone al massimo solo gli aspetti negativi, e costruendo
in tal modo un servizio-scandalo facendo leva sulla sempre più martoriata figura degli avvocati.
Quindi, nella viva speranza che la Giustizia possa far luce sulle
effettive responsabilità di quanto denunciato, anche al fine di evitare il
nascere di una ingiustificata "caccia alla strega", si invitano i lettori e agli utenti dei Patronati/CAF a
documentarsi prima su quanto accaduto e, solo successivamente, a trarne le dovute conclusioni.
Non dimentichiamo, infatti, la c.d. “presunzione
di innocenza” ovvero il sacrosanto principio del diritto penale secondo il quale un
imputato è considerato non colpevole sino a condanna definitiva.
Carmine Buonomo