domenica 20 dicembre 2015

La pensione di inabilità può essere convertita in assegno sociale, anche se non fruita: Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 25204/2015



Corte di Cassazione, Sezioni Unite
sentenza 3 novembre – 15 dicembre 2015, n. 25204 
Presidente Roselli – Relatore Nobile 

Svolgimento del processo 

Con sentenza n. 230/2011 il Giudice del lavoro del Tribunale di Pisa, in accoglimento della domanda proposta da V.A.M. nei confronti dell’INPS, dichiarava il diritto della V. a beneficiare, a decorrere dal 1-8-2009, della pensione sociale (recte: “assegno sociale”, v. art. 3 legge n. 335/1995 – così intendendosi, indubbiamente, la detta pronuncia -) in sostituzione della pensione di inabilità ai sensi dell’art. 19 della legge n. 118 del 1971. 
L’INPS proponeva appello avverso la detta sentenza) lamentando che erroneamente il primo giudice aveva ritenuto che la V. (che aveva presentato la domanda amministrativa in data 28-7-2009, un giorno prima del compimento del 65^ anno di età) avesse maturato il diritto alla pensione di inabilità in data antecedente al 1-8-2009, presupposto indefettibile per accedere al beneficio della “sostituzione”, di cui all’invocato art. 19. La V. si costituiva tardivamente e resisteva al gravame. 
La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza depositata il 16-1-2013, in accoglimento dell’appello dell’Istituto rigettava la originaria domanda. 
In sintesi la Corte territoriale affermava che la V. , nata il 29-7-1944, a prescindere dall’età anagrafica alla data della domanda amministrativa, aveva già compiuto il sessantacinquesimo anno di età alla data di decorrenza del beneficio preteso (il primo giorno cioè del mese successivo alla presentazione della domanda) ragion per cui, non avendo conseguito, alla data del 1-8-2009, in difetto del predetto requisito anagrafico, il trattamento pensionistico spettante agli infrasessantacinquenni, non poteva beneficiare neppure della pensione (recte: “assegno”) sociale in sostituzione di tale trattamento. 
Per la cassazione di tale sentenza la V. ha proposto ricorso con un unico motivo, dolendosi che la Corte di merito, in difformità dall’insegnamento di Cass. 24-3-2009 n. 7043, non avesse distinto il momento di maturazione del diritto da quello di decorrenza della prestazione monetaria. 
L’INPS ha resistito con controricorso. 
La Sesta Sezione di questa Corte, innanzi alla quale la causa è stata dapprima chiamata, con ordinanza interlocutoria n. 18159/2014 l’ha rimessa alla pubblica udienza della Sezione Lavoro, in difetto di una giurisprudenza unitaria sulla questione oggetto del giudizio. 
La Sezione Lavoro con ordinanza n. 2562/2015 ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite rilevando che “il delineato contrasto, seppure formatosi sull’indicata specifica fattispecie, investe una questione di massima di particolare importanza, essendo pertinente, anche in termini generali, all’individuazione del momento in cui deve essere riconosciuta l’insorgenza del diritto alle prestazioni assistenziali”. 
La causa è stata quindi rimessa dinanzi a queste Sezioni Unite Civili. 
Infine l’INPS ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. 

Motivi della decisione 

giovedì 10 dicembre 2015

Modello di sollecito all'Agenzia Entrate per la registrazione di atti giudiziari


In considerazione sia della lentezza con cui l'Agenzia delle Entrate provvede a caricare gli atti giudiziari sul proprio portale web (al fine di consentire il versamento della relativa tassa di registrazione) ma anche dell'esigenza di provvedere con una certa celerità all'incombente, onde evitare di anticipare il pagamento per poi dover agire nei confronti del coobbligato in solido, allego il relativo modello di sollecito, da inviare a mezzo email/pec all'Ufficio di competenza.
Un altro post sull'argomento lo troverete QUI
Carmine Buonomo

lunedì 7 dicembre 2015

Ammissibile la revocazione del Decreto di omologa ex art. 445 bis cpc(Tribunale Napoli, Sentenza n° 9801/2015)


Posto un interessantissimo precedente giurisprudenziale, gentilmente messo a disposizione dall'amico e collega avv. Massimo Mazzucchiello.
La peculiarità del provvedimento è rinvenibile nella circostanza che, per la prima volta, si stabilisce in modo fermo l'ammissibilità dello strumento della revocazione per errore di fatto (ex co. 4, art. 395 cpc) ai Decreti di omologa emessi a seguito di ATPO.
Opinabile, ad avviso dello scrivente, solo la motivazione secondo cui "la controvertibilità del rimedio proposto determina la compensazione delle spese del giudizio", quasi come se - nel caso concreto - l'attività difensiva materialmente posta in essere fosse stata meno "impegnativa" di quella teoriamente profusa in altri tipi di giudizio.

mercoledì 2 dicembre 2015

Indebito Inps: come opporsi alle richieste di restituzione (intervista avv. Carmine Buonomo)


https://player.vimeo.com/video/147299233

Clicca sull'immagine per visualizzare l'intervista

Sono frequenti negli ultimi tempi le richieste che l’Inps sta facendo ai pensionati, relative ad indebiti assistenziali e previdenziali.

Occorre innanzi tutto rivolgersi ad un avvocato esperto in materia previdenziale affinchè possa valutare la possibilità o meno di contestare una richiesta di indebito. 

A questo punto vanno fatte alcune considerazioni preliminari.

Innanzitutto occorre chiarire che le richieste di indebito sono soggette a prescrizione decennale, ossia l’Inps ha 10 anni di tempo per poter richiedere al cittadino la restituzione di somme indebitamente percepite. 



Fa eccezione al regime di prescrizione decennale solo la richiesta contributiva per cui l’Inps ha cinque anni di tempo (e piú precisamente 5 anni e 1/2) per poter richiedere il pagamento di contributi non versati.

Altro punto da valutare sono le richieste di restituzione per indebiti reddituali. 

La normativa attuale prevede che l’Inps paghi le prestazioni per l’anno in corso e l’anno seguente provveda a richiedere i dati reddituali e sulla base degli stessi, procede ad un conguaglio. 

Sovente però capita che l’Inps, dopo tale comunicazione, provvede a chiedere la restituzione di somme, anche ingenti. 

Dunque, per evitare che tali richieste di restituzione pervengano dopo un numero di anni spropositati, una legge del 1991 ha previsto che l’Inps, salvo il dolo del percipiente, ha solo un anno di tempo, dalla ricezione dei dati reddituali, per poter richiedere indietro le somme indebitamente erogate.

Infine, un altro punto importante da tenere in considerazione in presenza di una richiesta di indebito Inps, riguarda l’onere della prova nei giudizi di opposizione. 

Infatti, fino al 2008 la giurisprudenza dominante riteneva che nei giudizi di opposizione dovesse essere l’Inps a provare i fatti costitutivi della propria pretesa. 

Nel 2010 la Cassazione a Sezioni Unite (Cass. SSUU, sent. n° 18046/2010) ha invece stabilito che non dev’essere più l’Istituto a provare i fatti costitutivi ma il cittadino. 

Tuttavia, bisogna segnalare un'interessantissima pronuncia della Cassazione, la n. 198 del 2011, in cui la Corte ha ritenuto che, sebbene sia il cittadino a dover provare la legittimità delle somme che ha percepito, l’Inps deve porlo in condizione di potersi difendere. 

Ne deriva che sono illegittime tutte quelle richieste avanzate dall’Istituto che mancano di dati contabili o in ogni caso di qualsiasi riferimento logico/matematico per poter valutare la bontà della richiesta.

mercoledì 25 novembre 2015

Il pagamento del tributo non comporta per il contribuente il tacito riconoscimento della pretesa, che potrà successivamente essere contestata in giudizio (Cassazione, Sentenza n° 24906/2013)


La definizione del rapporto tributario tramite il pagamento della sanzione o la sua definizione agevolata, non comporta effetti di acquiescenza o di riconoscimento della fondatezza della pretesa né integra una confessione o un elemento di prova, di guisa che resta impregiudicata la sorte del tributo e la possibilità del contribuente di contestarlo. 

http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20131107/snciv@s50@a2013@n24906@tS.clean.pdf

venerdì 13 novembre 2015

Relazioni convegno Tribunale di Napoli dell' 11/11/2015 "Indebitiprevidenziali e governo spese di lite"





Relazione / vademecum indebiti previdenziali ed assitenziali


A seguire copia della mia relazione al convegno tenutosi l'11/11/2015 presso l'Auditorium del Tribunale di Napoli.

La relazione, strutturata sotto forma di vademecum, potrà essere d'aiuto all'avvocato per valutare normativamente la possibilità di contestazione di eventuali richieste di indebito previdenziali o assistenziali.

A seguire il file in formato PDF liberamente scaricabile.

Convegno 11 u.s. Tribunale Napoli: relazione dell'avv. Gaetano Irollo sulla violazione del principio della soccombenza nei giudizi previdenziali

Posto l'interessantissima relazione sulla violazione del principio della soccombenza nei giudizi previdenziali dell'amico Gaetano Irollo, Presidente della UIF Sezione Napoli Nord nonchè valente avvocato previdenzialista.

Un particolare ringraziamento va anche agli avv.ti Vincenzo Boccarusso, Gaetano Bosone ed Ilaria Teotino per la preziosa raccolta giurisprudenziale.  


martedì 10 novembre 2015

Incomprensibili e quindi illegittime le pretese restitutorie INPS per la mancanza di dati e parametri contabili chiari ed inequivoci (Cassazione, Sez. L, Sentenza n° 198/2011)


Con la Sentenza n° 198/2011 la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione esprime il suo autorevolissimo parere sulla circostanza che l'assoluta genericità dei provvedimenti restitutori emessi dall'INPS in via amministrativa non consente in alcun modo di individuare gli estremi dell'obbligazione restitutoria.

L'aspetto interessante della questione è che la Suprema Corte - pur avallando in toto l'orientamento espresso dalle S.S.U.U. con Sentenza n° 18046/10 secondo cui "in tema di indebito, in caso di richiesta di accertamento negativo dell'obbligo restitutorio, l'attore processuale ha l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto" - ha statuito fermamente che nel caso specifico la sentenza impugnata aveva correttamente accertato che "del tutto incomprensibili erano le ragioni della pretesa restitutoria, non emergendo dalla richiesta dell'INPS indicazioni adeguate a porre in grado la pensionata di verificare se si trattasse di un trattamento attribuito sine titulo ovvero di una erogazione conseguente a un calcolo errato da parte dell'ente stante, al riguardo, la mancanza di dati e parametri contabili chiari e inequivoci".

A seguire il testo della Sentenza liberamente scaricabile in formato PDF

venerdì 6 novembre 2015

Censurata la genericita' delle richieste di indebito INPS: in tali casi e' onere esclusivo dell'istituto provare gli elementi costitutivi della pretesa (Cassazione, Sentenza n° 28516/2008)

Con sentenza del 1° dicembre 2008, n. 28516, la Sezione lavoro della suprema Corte di Cassazione ha stabilito che se l’Inps richiede la restituzione dell’indebito, anche per suo errore, e l’assicurato impugna l’atto di richiesta di restituzione dell’indebito in tribunale - chiedendo che sia negata la sussistenza dell’indebito – su tale Istituto grava comunque l’onere di dimostrare gli elementi costitutivi della pretesa.
Per tale indebito contributivo la suprema Corte di Cassazione ha chiarito che «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento».
Con tale sentenza è stato quindi negato all’Inps il ricorso che presupponeva che l’onere della prova fosse a carico all’assicurato, che pure aveva agito in giudizio contro l’inps.

FATTO E DIRITTO
Una dipendente ricorreva alla Corte di Appello contro la sentenza con la quale il Tribunale aveva respinto la domanda da lei proposta al fine di negare la sussistenza dell'indebito previdenziale rivendicato dall'INPS, ritenendo che la somma da esso richiesta le fosse stata indebitamente elargita e che fosse stata correttamente applicata la disciplina di cui alle leggi al riguardo vigenti.
La stessa dipendente aveva dedotto tra l'altro che l'INPS non aveva dato adeguata dimostrazione della effettività dell'indebito in presenza di una specifica ed espressa contestazione da parte sua.
La Corte d’Appello aveva comunque riconosciuto che la normativa vigente in tema di ripetizione di indebito era stata correttamente applicata dal primo giudice, ma che tuttavia l'assicurata, cui era stata inviata in via stragiudiziale una richiesta di restituzione di somme asseritamene corrisposte senza titolo, aveva espressamente contestato in radice la stessa validità del provvedimento, deducendo che la sua genericità non le aveva consentito di individuare gli effettivi termini dell'obbligazione restitutoria.
Dunque la stessa Corte di Appello aveva trovato eccessivamente gravoso addossare alla dipendente l'onere della prova peraltro richiesta dalla stessa dipendente che aveva l'onere di dimostrare gli elementi costitutivi della sua pretesa.
Ed avendo riscontrato che, in effetti, nel provvedimento emesso in via amministrativa l'Inps non aveva dedotto, né dimostrato perché la somma richiesta dovesse ritenersi indebitamente elargita, ha accolto l'appello, dichiarando la irripetibilità dell'indebito.
Contro tale sentenza l'INPS ha proposto ricorso in Cassazione.
LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

giovedì 5 novembre 2015

Precedente favorevole "interlocutorio" in materia di revocazione di sentenza del giudizio di opposizione per ATPO

Ricevo dall'amico e collega avv. Massimo Mazzucchiello un interessantissimo precedente favorevole "interlocutorio" in materia di revocazione di sentenza del giudizio di opposizione per ATPO con cui ha ottenuto dal giudice della revocazione dr. Federico Bile, sulla scia altri due precedenti della d.ssa Maria Vittoria Papa e d.ssa Aquilina Picciocchi, la "doppia" sospensiva cautelare ed incidentale sia del termine per proporre ricorso in cassazione che della sospensione dell'esecutività della sentenza (capo di condanna alle spese, per le quali ingiustamente erea stata ritenuta viziata dal giudice dell'opposizione la dichiarazione di esimente ex art. 152 disp.att. cpc).



 
 
 

mercoledì 4 novembre 2015

Prescrizione crediti contributivi derivanti da cartella esattoriale non opposta: no applicazione analogica art. 2953 cc (Corte d'Appello di Lecce, sez. lavoro, sentenza 668/2014)


Fonte: Altalex
“Alla luce di un più approfondito esame della materia, non può che ritenere che solo il credito derivante da una sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c. (che in quanto norma di carattere eccezionale, non può estendersi per analogia a casi semplicemente assimilabili), mentre, se la definitività del credito non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dalla norma specifica (Cass. 10.12.2009 n. 25790)” (C. App., Sez. Lav., Sent. N. 668 14/03/2014).
Il caso

martedì 3 novembre 2015

Canale Telegram Studio Legale Buonomo



Un nuovo modo per restare sempre aggiornati anche dai Vostri dispositivi portatili.

Per capire meglio di cosa si tratta di seguito un articolo a cura dell'avv. Antonino Garifo del Foro di Roma.
 
Telegram è un applicazione gratuita di messaggistica istantanea disponibile per diverse piattaforme: Android, Iphone, Windows Phone, Pc, Mac e Linux. Si tratta in pratica di un'ottima alternativa al più noto WhatsApp

Per multi-piattaforma non si intende soltanto che l'applicazione sia disponibile per diversi sistemi operativi. Il vero multi-piattaforma è avere la stessa applicazione anche sul computer e sul tablet, in maniera nativa ed efficiente.

Per esempio potrete istallare sul vostro pc telegram anche senza avere uno smartphone, sarà sufficiente avere a disposizione un vecchio cellulare. In fase di istallazione inserite il numero del vecchio cellulare e sempre tramite il vostro vecchio cellulare riceverete un sms con il codice di accesso a telegram. Inserito il codice di accesso, potete usare telegram sul vostro pc o tablet.

A differenza di WhatsApp, Telegram è basato su cloud e fortemente criptato. Come risultato, è possibile accedere ai messaggi da diversi dispositivi contemporaneamente, inclusi tablet e computer, e condividere qualsiasi tipo di file (foto, doc, zip, mp3, etc.) fino a 1,5 GB. 

 Se tenete conto che WhatsApp, Facebook e i fornitori di caselle e-mail non consentono d’inviare file di grandi dimensioni, capirete bene il vantaggio di questa applicazione.

Telegram permette attraverso i canali di mandare messaggi (e altri contenuti multimediali) a un numero indefinito di persone.  

I canali sostituiscono le vecchie liste Broadcast, migliorando notevolmente il servizio.

Al canale possono iscriversi un numero illimitato di persone, poiché grazie ad un URL chiunque voglia può unirsi al canale e riceverne i messaggi, anche se non è tra i contatti o nella rubrica di chi gestisce il canale.

L'invalidita' che rileva, ai fini del prepensionamento di cui all'art.1, 8° co., D.Lgs. 503/1992, e' l'invalidità civile e non l'invalidità accertata secondo i parametri della L. 222/1984 (Cass. n. 9081/2013)


La giurisprudenza di legittimità si è pronunciata due volte sul quesito: qual'è l'invalidità da considerare ai fini del prepensionamento dei lavoratori disabili?

Se cioè l'80% di invalidità - che dà diritto di anticipare l’età pensionabile a 55 anni per le donne ed a 60 per gli uomini- sia da accertare con i parametri della "capacità di lavoro" e della "assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa" individuati dalla L. 222/1984 ai fini dell'assegno ordinario di invalidità e di pensione di inabilità contributivi, oppure con i parametri della "capacità lavorativa generica" prescritti per l'accertamento dell'invalidità civile (L. 118/1971, L.291/1988, D.Lgs. 509/1988, D.M. Min. della Sanità 5.2.1992)

Entrambe le volte (sent. 13495/2003 e sent. 9081/2013), la Cassazione (scostandosi da decisioni della giurisprudenza di merito come C.A. Torino sent. 940/2006) ha deciso che l'invalidità che rileva ai fini del prepensionamento sia proprio l'invalidità civile.

commento dell'avv. Marco Aquilani (Link sito web)


SCARICA LA SENTENZA IN FORMATO PDF


Corte di Cassazione, Sezione Lavoro 
Sentenza 15 aprile 2013, n. 9081

Pensioni - pensione di vecchiaia - anticipazione - requisiti ridotti ex art. 1, comma 8, D. Lgs. n. 503 del 1992 - requisito sanitario - nozione di invalidità nei termini dell'invalidità civile - estraneità dei criteri previsti dalla legge n. 222/1984 (Sintesi non ufficiale)

Il riconoscimento dell'invalidità civile nella misura dell'80% permette di beneficiare dell'esclusione dall'elevazione dell'età pensionabile, disposta dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 1, comma 1, a mente della previsione di cui al comma 8, medesimo art. (Massima non ufficiale)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

lunedì 2 novembre 2015

Ripetibilita' dei ratei di assegno di invalidita' civile indebitamente percepiti per la mancanza del requisito di incollocazione al lavoro (Cass. n. 19638/2015)


Ringrazio l'amico e collega avv. Marco Aquilani da Viterbo (Link Sito web) per la gentile segnalazione 

MASSIMA NON UFFICIALE: In caso di prestazioni assistenziali erogate malgrado la mancanza del requisito di incollocazione al lavoro, vanno restituiti solo i ratei indebitamente ricevuti a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta.


Civile Sent. Sez. L Num. 19638 Anno 2015
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: MANNA ANTONIO
Data pubblicazione: 01/10/2015
 
SENTENZA
sul ricorso 23428-2010 proposto da:
M***** F******, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell'avvocato DOMENICO CONCETTI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, ANTONELLA PATTERI, CLEMENTINA PULLI, giusta delega in atti;
- controrícorrente -
nonchè contro
MINISTERO DELL' ECONOMIA E DELLE FINANZE;
- intimato -
avverso la sentenza n. 1281/2009 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 26/10/2009 r.g.n. 10482/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/06/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;
udito l'Avvocato CONCETTI DOMENICO;
udito l'Avvocato PULLI CLEMENTINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. 
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Tribunale Napoli: provvedimento di autorizzazione al rinnovo della notifica, anche in assenza di un precedente "tentativo"

Allego un interessantissimo provvedimento del Tribunale di Napoli, Sezione Lavoro e Previdenza, G.U. dr. Sergio Palmieri, nel quale il magistrato - pur in assenza della prova di un precedente "tentativo" - ha autorizzato il rinnovo della notifica del ricorso e dei verbali.
Come sempre, ringrazio vivamente l'amica e collega avv. Maria Rosa Bellezza per il prezioso materiale messo a disposizione della collettività.


  
Clicca sull'immagine per ingrandirla

Evento formativo "PCT e fatturazione elettronica"


Segnalo l'interessantissimo corso intitolato "PCT E FATTURAZIONE ELETTRONICA" che mi vedrà come relatore. 
L'evento è fissato per il giorno giovedi 05/11/2015 dalle 14:00 alle 17:00 presso l'Ufficio del GDP di Frattamaggiore.
La partecipazione al corso, ovviamente gratuita, darà diritto a n° 2 crediti formativi. 

Carmine Buonomo

mercoledì 28 ottobre 2015

Decreto Ingiuntivo: ammissibile il procedimento di correzione dell'errore materiale (Tribunale Napoli Nord, dr. P. Ucci, decreto del 08/06/15)




IL POTERE DI CORREZIONE È ASSORBITO IN QUELLO DI RIESAME

Art. 12 comma 2 disp. att. c.c. e art. 287 c.p.c.


Il potere di correzione deve considerarsi assorbito in quello di decisione sul riesame, in virtù del carattere interamente sostitutivo di questa (sia essa la sentenza di appello o, a maggior ragione, la sentenza sull'opposizione al decreto ingiuntivo) rispetto al provvedimento del quale si chiede la correzione.

È ammissibile l’istanza per la correzione di un errore materiale inerente a un decreto ingiuntivo, per espressa disposizione normativa, ex art. 12, co. 2 disp. att. c.c..

Questo è il principio espresso dal Tribunale di Napoli Nord, Dott. Pasquale Ucci, con decreto dell’8 giugno 2015.

Nel caso di specie, la banca proponeva ricorso per la correzione di errore materiale, ex art. 287 c.p.c., di un provvedimento monitorio.

Sul punto, si richiama preventivamente la sentenza n. 393 del 17.11.1994, con cui la Corte Costituzionale aveva ritenuto non rilevante la questione di legittimità della esclusione, dal novero dei provvedimenti correggibili ex art. 287 c.p.c., del decreto ingiuntivo opposto, dichiarando inammissibile la questione di illegittimità costituzionale nella parte in cui non menzionava i decreti ingiuntivi tra i provvedimenti che possono essere sottoposti a correzione.

La norma di cui all’art. 287 c.p.c. include, infatti, tra i provvedimenti suscettibili di correzione, su ricorso di parte e dallo stesso giudice che le ha pronunciate, solo le ordinanze e le sentenze, qualora l’Autorità Giudiziaria sia incorsa in omissioni o in errori materiali o di calcolo. 

Nonostante la mancata inclusione dei provvedimenti monitori tra i provvedimenti di cui alla sopra citata norma del codice di rito per la correzione di errori materiali, di calcolo o omissioni, essi lo sono ugualmente ex lege, vista la disposizione di cui all’art. 12, comma 2, disp. att. c.c., stante l'agevole equiparabilità di tali provvedimenti alle sentenze di condanna, per via della loro idoneità a conseguire l'efficacia materiale propria della cosa giudicata, ove non tempestivamente opposti.

Il giudice ha pertanto ritenuto che il potere di correzione debba considerarsi intrinseco al potere di decisione sul riesame, in virtù del carattere interamente sostitutivo di questa (sia essa la sentenza di appello o, a maggior ragione, la sentenza sull'opposizione al decreto ingiuntivo), rispetto al provvedimento del quale si chiede la correzione.

In conclusione

Anoressia e diritto all'assegno ordinario di invalidità (Cassazione, sentenza n° 6500/2002)



L’anoressia in forma grave, quale sindrome nevrotica caratterizzata dal rifiuto sistematico del cibo, gioca un ruolo importante anche nel campo giuridico previdenziale. 

Tale malattia è stata, infatti, al centro della sentenza della Cassazione n° 6500/2002, con la quale la Suprema Corte ha affermato il principio, già valido per l’esistenza del diritto all’assegno ordinario di invalidità della valutazione complessiva del quadro morboso del soggetto e non delle singole manifestazioni morbose.



A seguire il testo integrale della sentenza.