Articolo dell'avv. Valentina Azzini
Fonte: La Legge per Tutti
Se il consulente sbaglia o è poco chiaro: le soluzioni spaziano dalla convocazione per chiarimenti, all’integrazione della consulenza, alla sostituzione del professionista.
Che succede se, nel corso di una causa, il consulente nominato dal giudice sbaglia o omette accertamenti o indagini fondamentali? I rimedi che le parti hanno spaziano dalla richiesta di convocazione del C.t.u. per chiarimenti, al rinnovo della consulenza, per finire alla sostituzione del perito. Vediamoli più nel dettaglio.
È pacifico, nella giurisprudenza della Cassazione [1], che la consulenza tecnica d’ufficio (cosiddetta C.T.U.) costituisce un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, la cui interpretazione richiede nozioni tecnico-scientifiche. In realtà, non si tratta di un mezzo di prova, ma di un supporto al magistrato in ambiti tecnici sottratti alla conoscenza di quest’ultimo.
Tuttavia, se il consulente abbia omesso, nella propria indagine, l’esame di documentazione rilevante o non abbia tenuto in considerazione elementi di fatto decisivi ai fini della risposta ai quesiti postigli, la sua relazione può essere sempre oggetto di critica da parte dei difensori delle parti. Questi potranno così fare istanza al giudice affinché ordini il rinnovo della consulenza o convochi il consulente per maggiori chiarimenti.
Il codice di procedura civile [2] stabilisce infatti che “il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico”.
L’ultima parola, ovviamente, è sempre rimessa al giudice che ha la possibilità di decidere se rinnovare o meno l’esame del perito [3]. Ma tale provvedimento è generalmente esortato dalle parti che sostengono la negligenza nello svolgimento delle operazioni e/o l’insufficienza degli accertamenti eseguiti o delle risposte fornite ai quesiti posti dal giudice.