domenica 20 dicembre 2015

La pensione di inabilità può essere convertita in assegno sociale, anche se non fruita: Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 25204/2015



Corte di Cassazione, Sezioni Unite
sentenza 3 novembre – 15 dicembre 2015, n. 25204 
Presidente Roselli – Relatore Nobile 

Svolgimento del processo 

Con sentenza n. 230/2011 il Giudice del lavoro del Tribunale di Pisa, in accoglimento della domanda proposta da V.A.M. nei confronti dell’INPS, dichiarava il diritto della V. a beneficiare, a decorrere dal 1-8-2009, della pensione sociale (recte: “assegno sociale”, v. art. 3 legge n. 335/1995 – così intendendosi, indubbiamente, la detta pronuncia -) in sostituzione della pensione di inabilità ai sensi dell’art. 19 della legge n. 118 del 1971. 
L’INPS proponeva appello avverso la detta sentenza) lamentando che erroneamente il primo giudice aveva ritenuto che la V. (che aveva presentato la domanda amministrativa in data 28-7-2009, un giorno prima del compimento del 65^ anno di età) avesse maturato il diritto alla pensione di inabilità in data antecedente al 1-8-2009, presupposto indefettibile per accedere al beneficio della “sostituzione”, di cui all’invocato art. 19. La V. si costituiva tardivamente e resisteva al gravame. 
La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza depositata il 16-1-2013, in accoglimento dell’appello dell’Istituto rigettava la originaria domanda. 
In sintesi la Corte territoriale affermava che la V. , nata il 29-7-1944, a prescindere dall’età anagrafica alla data della domanda amministrativa, aveva già compiuto il sessantacinquesimo anno di età alla data di decorrenza del beneficio preteso (il primo giorno cioè del mese successivo alla presentazione della domanda) ragion per cui, non avendo conseguito, alla data del 1-8-2009, in difetto del predetto requisito anagrafico, il trattamento pensionistico spettante agli infrasessantacinquenni, non poteva beneficiare neppure della pensione (recte: “assegno”) sociale in sostituzione di tale trattamento. 
Per la cassazione di tale sentenza la V. ha proposto ricorso con un unico motivo, dolendosi che la Corte di merito, in difformità dall’insegnamento di Cass. 24-3-2009 n. 7043, non avesse distinto il momento di maturazione del diritto da quello di decorrenza della prestazione monetaria. 
L’INPS ha resistito con controricorso. 
La Sesta Sezione di questa Corte, innanzi alla quale la causa è stata dapprima chiamata, con ordinanza interlocutoria n. 18159/2014 l’ha rimessa alla pubblica udienza della Sezione Lavoro, in difetto di una giurisprudenza unitaria sulla questione oggetto del giudizio. 
La Sezione Lavoro con ordinanza n. 2562/2015 ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite rilevando che “il delineato contrasto, seppure formatosi sull’indicata specifica fattispecie, investe una questione di massima di particolare importanza, essendo pertinente, anche in termini generali, all’individuazione del momento in cui deve essere riconosciuta l’insorgenza del diritto alle prestazioni assistenziali”. 
La causa è stata quindi rimessa dinanzi a queste Sezioni Unite Civili. 
Infine l’INPS ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. 

Motivi della decisione 
Preliminarmente va respinta l’eccezione di tardività del ricorso avanzata dall’Istituto controricorrente. 
Dagli atti risulta, infatti, che la sentenza è stata notificata il 24-4-2013 e la notifica del ricorso è avvenuta con consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario effettuata tempestivamente in data 22-6-2013 (vedi timbro recante il numero cronologico, la data e la specifica delle spese), momento, questo, rilevante per il notificante ai fini della tempestività il dell’impugnazione. 
Con l’unico motivo la ricorrente sostiene che, dal combinato disposto degli artt. 19 e 12 della legge n. 118 del 1971 “si desume che, quando gli elementi costitutivi del diritto alla pensione di inabilità siano maturati prima del compimento del sessantacinquesimo anno, la pensione di inabilità si converte in pensione sociale”. 
Secondo la ricorrente, infatti, l’art. 19 “prevede la “sostituzione” della pensione al compimento del 65^ anno e, pertanto, se gli elementi costitutivi del diritto erano maturati prima di tale data e ciò che doveva ancora scattare era la mera decorrenza del trattamento, differita dalla legge al primo giorno del mese successivo alla domanda amministrativa, non si vede perché la trasformazione non debba avvenire”, con la conseguenza che “l’unica peculiarità di questo caso è che la sostituzione opererà sin dal pagamento del primo rateo”. In particolare la ricorrente ripercorre gli argomenti svolti in motivazione da Cass. 24-3-2009 n. 7043 e conclude in conformità. Il ricorso è fondato e va accolto. 
Osserva il Collegio che, secondo l’indirizzo maggioritario, “in tema di invalidità civile, nel caso in cui gli elementi costitutivi della pensione di inabilità prevista dall’art. 12 della legge 30 marzo 1974, n. 118 siano maturati prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età e la relativa domanda amministrativa sia stata proposta prima di tale data, la sostituzione della pensione di inabilità con la pensione sociale, prevista dall’art. 19 della medesima legge, opera dal primo giorno del mese successivo a quello del compimento del sessantacinquesimo anno, anche se ciò comporta che non venga pagato neanche un rateo della pensione di inabilità e si debba corrispondere direttamente la pensione sociale” (v. Cass. 24-3-2009 n. 7043, seguita da Cass. 12-1-2011 n. 567, e da Cass. 20-11-2013 n. 26050, da ultimo intervenuta in dissenso con il mutamento di indirizzo dettato da Cass. 23-5-2012 n. 8099; cfr. anche Cass. 27-8-2004 n. 17083, nonché, seppur con riferimento alla materia previdenziale, Cass. 5-4-2012 n. 5482, Cass. 30-12-2003 n. 19849, Cass. 6-12-2003 n. 18697, Cass. 7-1-2000 n. 93, Cass. 15-5-1991 n. 5433).
In particolare nella motivazione di Cass. n. 7043/2009 (sulla quale è in sostanza sviluppato il motivo di ricorso) si legge che dal combinato disposto degli art. 19 e 12 legge 118 cit. “si desume che quando gli elementi costitutivi del diritto alla pensione d’inabilità indicati dall’art. 12 siano maturati prima del compimento del sessantacinquesimo anno, la pensione d’inabilità si converte in pensione sociale.
L’art. 19, infatti, prevede la “sostituzione” della pensione al compimento del 65^ anno e, pertanto, se gli elementi costitutivi del diritto erano maturati prima del 65° compleanno e ciò che doveva ancora scattare era la mera decorrenza del trattamento, differita dalla legge al primo giorno del mese successivo alla domanda amministrativa, non si vede perché la trasformazione non debba avvenire. L’unica peculiarità di questo caso è che la sostituzione opererà sin dal pagamento del primo rateo”. 
Nella stessa sentenza si aggiunge che “questa ricostruzione è complementare con il principio più volte affermato per cui “la pensione e l’assegno di inabilità civile di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, arti. 12 e 13, non possono essere riconosciuti a favore dei soggetti il cui stato di invalidità a norma di legge si sia perfezionato con decorrenza successiva al compimento dei sessantacinque anni (o che, comunque, ne abbiano fatto domanda dopo il raggiungimento di tale età), come si evince dal complessivo sistema normativo, che per gli ultrasessantacinquenni prevede l’alternativo beneficio della pensione sociale, anche in sostituzione delle provvidenze per inabilità già in godimento, e come è stato espressamente confermato dal D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 8…… 
Il che conferma che la domanda amministrativa per la pensione d’inabilità può essere proposta (e se ve ne sono i presupposti, deve essere accolta) solo prima del compimento dei 65 anni e deve essere accolta solo quando si accerti che lo stato di invalidità del ricorrente si è perfezionato prima di tale data, non nel caso di una maturazione differita oltre tale data”. 
La medesima ricostruzione, poi, secondo Cass. n. 7043/2009 cit., “è inoltre in linea con i principi affermati dalle Sezioni Unite in materia di decorrenza del trattamento assistenziale e previdenziale, laddove si è sottolineato che la regola per cui il pagamento della pensione o dell’assegno decorre dal primo giorno del mese successivo a quello della domanda risponde “verosimilmente” ad “opportunità di natura contabile” (Sezioni Unite 5-7-2004, n. 12270), mentre i principi generali dell’ordinamento si muovono nel senso che la tutela assistenziale matura nel momento in cui si determina la situazione di inabilità e di mancanza di mezzi di sostentamento”, con la conseguenza che “la regola che differisce il trattamento assistenziale al primo giorno del mese successivo a quello della maturazione delle condizioni non può essere estesa al di là dei casi in cui è stata espressamente enunciata e che il principio generale è invece quello della retrodatazione degli effetti al momento di maturazione delle condizioni sanitarie e socio – economiche richieste dalla legge. 
Del resto, il principio cardine in materia è quello dettato dall’art. 38 Cost., comma 1, per il quale “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”. 
A tale indirizzo maggioritario si contrappone il diverso indirizzo affermato da una consistente giurisprudenza di merito e da Cass. 23-5-2012 n. 8099, secondo cui “in tema di invalidità civile, la previsione legale del combinato disposto degli articoli 12 della legge 118 del 1971 e 1, comma 35, della legge 247 del 2007 – che, nel prevedere la concessione dell’assegno con le stesse condizioni previste per l’assegnazione della pensione, stabiliscono che anche l’assegno mensile di assistenza è concesso con decorrenza dal primo giorno successivo a quello della presentazione della domanda della prestazione – va interpretata nel senso che la data di decorrenza del beneficio è elemento costitutivo del diritto, il quale si perfeziona solo nel momento in cui matura la data in questione. 
Ne consegue che il diritto alla pensione di inabilità civile e quello all’assegno mensile di assistenza è riconoscibile solo se tutti i requisiti per essi richiesti sussistano nel primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda di accertamento dell’invalidità; con l’ulteriore conseguenza che le indicate provvidenze non spettano ai soggetti che, alle date in questione, non posseggano il prescritto requisito anagrafico”. 
In tale pronuncia si evidenzia che “quando una norma di carattere assistenziale, con riferimento al beneficio economico da essa apprestato, ne fa, esplicitamente, coincidere la “concessione”…. con una certa data, se ne impone una lettura nella quale i due elementi vanno ritenuti coesistenti e inseparabili; conseguendone che la data stabilita dalla legge come quella di “decorrenza” del beneficio diventa, anch’essa, elemento costitutivo del diritto, il quale, pertanto, si perfeziona soltanto nel momento in cui matura la data in questione (nel caso delle provvidenze previste dalla l. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13 primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda di accertamento della inabilità o dell’invalidità civile)”. 
Tale linea interpretativa, secondo la detta pronuncia sarebbe avvalorata dalla previsione dell’art. 1, comma 3, ultima parte, della l. n. 18 del 1980 (che prevede che “il diritto all’indennità di accompagnamento decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale viene presentata la domanda”), nonché dall’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 698 del 1994 (ossia del “Regolamento recante norme sul riordinamento dei procedimenti in materia di riconoscimento delle minorazioni civili e sulla concessione dei benefici economici”, il quale stabilisce che i benefici in questione decorrono dal mese successivo alla data della domanda di accertamento sanitario, ovvero dalla “diversa successiva data” eventualmente indicata dagli organismi sanitari competenti)”, dovendo logicamente attribuirsi “identico rilievo” di “elemento integrativo necessario alla nascita del diritto” ad entrambi i momenti considerati dalla norma stessa. Secondo la stessa pronuncia, poi, “ulteriori elementi di riscontro alla interpretazione su esposta” sarebbero forniti dalla “comparazione della disciplina propria delle provvidenze economiche apprestate per gli invalidi civili con quella dettata, per le prestazioni previdenziali di invalidità (pensione di inabilità ed assegno ordinario), dal d.P.R. n. 488 del 1968, art. 18, norma alla quale, ai sensi della l. n. 222 del 1984, art. 12 deve continuare a farsi riferimento per le prestazioni liquidate ai sensi della medesima legge e che esplicitamente distingue – almeno come regola generale – il momento di perfezionamento del diritto da quello della decorrenza dell’obbligo di corresponsione delle prestazioni medesime, facendo coincidere quest’ultimo con il primo giorno del mese successivo a quello in cui, appunto, si è perfezionato il relativo diritto”. 
In conclusione secondo l’indirizzo minoritario affermato da Cass. n. 8099 del 2012 cit., “da una lettura delle disposizioni degli artt. 12 e 13 della cit. legge doverosamente effettuata tenuto conto delle finalità ispiratrici del più ampio complesso normativo in cui esse si inseriscono, deve desumersi che la volontà del legislatore sia quella di esigere, tra gli altri requisiti cui è subordinata la “concessione” delle ivi previste provvidenze economiche, anche il decorso di un certo periodo di tempo; in tal modo, il momento di perfezionamento del diritto alle provvidenze medesime diventa il momento in cui questo tempo è decorso, costituito dalla indicata data di decorrenza”. 
A tale indirizzo minoritario ha aderito la Corte d’Appello di Firenze con la sentenza qui impugnata rilevando, sotto altro angolo visuale, che la “astratta configurabilità di una distinzione logica tra maturazione del diritto e decorrenza della prestazione appare, poi, per quanto suggestiva, priva di consistenza effettiva solo che si abbia riguardo al fatto che il diritto si sostanzia esso stesso nella fruizione della prestazione economica”, come sarebbe confermato dalla “considerazione – pacifica in giurisprudenza – che laddove i requisiti sanitari sopravvengano alla data di presentazione della domanda amministrativa il trattamento pensionistico viene riconosciuto con decorrenza dall’accertata sopravvenienza e non invece dal primo giorno del mese ad essa successivo”. 
In tale quadro la stessa Corte d’Appello ha affermato che “appare allora che la decorrenza individuata nel primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda, laddove a questa data tutti i requisiti di legge siano sussistenti, costituisca lo strumento attraverso il quale il Legislatore ha inteso rendere neutra la data di presentazione della domanda ai fini del riconoscimento del diritto parificando, nell’ambito di un arco temporale ragionevole, quello di un mese, la posizione di tutti coloro che fossero già in possesso dei requisiti, costituendo in maniera identica nei loro confronti il diritto alla pensione solo dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda”. 
Sotto altro aspetto, infine, la stessa Corte d’Appello aggiunge che la “sostituzione” della pensione di invalidità (o dell’assegno) con la pensione sociale, “al compimento dell’età di sessantacinque anni” ex art. 19 l. 118/1971 cit., presuppone necessariamente la fruizione del pregresso beneficio e non può essere riconosciuta a chi, come nel caso della V. , non lo abbia già conseguito. Orbene ritiene il Collegio che il contrasto vada risolto, sul piano della coerenza sistematica e della interpretazione costituzionalmente orientata della normativa di legge, le quali, entrambe, inducono alla riaffermazione dell’indirizzo maggioritario.
Innanzitutto va rilevato che la regola della distinzione tra il momento di maturazione del diritto al beneficio e quello di decorrenza (rectius: esigibilità) della prestazione monetaria è insita nel sistema delle prestazioni previdenziali e assistenziali, all’interno del quale costituisce un sorta di principio di settore. 
Al riguardo questa Corte ha ripetutamente evidenziato come “in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali, debba distinguersi tra il momento in cui sorge il diritto alla prestazione, a seguito del perfezionarsi di tutti i relativi requisiti (ed eventualmente della presentazione della domanda), e quello della decorrenza del trattamento economico, posticipato al primo giorno del mese successivo, momento che nessun rilievo assume ai fini della determinazione dell’epoca di insorgenza del diritto” (v., fra le altre, Cass. n. 17083/2004 cit, cfr. Cass. n. 18697/2003, Cass. 15741/2002, Cass. 6154/2000). D’altra parte la configurazione della decorrenza del trattamento quale elemento costitutivo del diritto stesso si rivela operazione non in linea con l’assetto normativo generale, nel cui ambito il fattore tempo rileva quale presupposto di efficacia dell’atto o di esigibilità del diritto o della prestazione, di guisa che il nesso di correlazione tra “concessione” della prestazione e “decorrenza” della stessa, a ben vedere, appare enfatizzato nell’indirizzo minoritario (v, Cass. n. 8099/2012 cit.), non potendo, comunque, per tale, via dimostrarsi la coincidenza tra i due momenti. Peraltro, l’obiezione incentrata sulla inconcepibilità, in astratto, di un “diritto” alla prestazione, che si sostanzierebbe esso stesso nella fruizione della prestazione stessa, si pone in contrasto con la regola della autonomia del diritto rispetto alle singole poste monetarie che ne costituiscono derivazione. 
Sul punto, la Corte Costituzionale, pur in relazione a questione diversa da quella in esame, ha evidenziato, significativamente, che “nella disciplina a regime, come si argomenta dagli artt. 12 e 13 della legge n. 118 del 1971, che fissano la decorrenza della prestazione dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, l’accertamento è meramente dichiarativo della fattispecie del diritto, in relazione all’elemento centrale costituito da uno stato di invalidità non inferiore alla misura indicata dalla legge”. 
Inoltre non sembra che possa attribuirsi rilevanza determinante, nel senso ritenuto da Cass. n. 8099/2012 cit, alla espressione lessicale dettata in tema di indennità di accompagnamento dall’art. 3, comma 3, ultima parte della legge n. 18 del 1980, che ben può essere considerata quale frutto di lieve imprecisione terminologica. Del resto, dire che “il diritto decorre” non è molto diverso dall’affermare che “la prestazione decorre”, poiché ciò che conta, nella fattispecie, è che il diritto “sia sorto” in un momento antecedente alla “decorrenza” della prestazione. 
Peraltro neppure può assumere rilevanza significativa in favore dell’indirizzo minoritario la espressione “sostituzione” contenuta nell’art. 19 l. 118/1971 e nell’art. 8 del d.lgs. n. 509/1988, ben potendo intendersi che la “sostituzione” non attiene alla prestazione, bensì al diritto, di guisa che, poiché quest’ultimo è già sorto per l’assistito prima del compimento del 65^ anno di età, l’effetto sostitutivo può naturalmente operare, benché nessuna posta di trattamento economico sia mai stata erogata all’assistito. Va, invece, pienamente condivisa la ricostruzione dell’indirizzo maggioritario, che, come evidenziato da Cass. 7043/2009 cit. risulta in linea sia con il principio affermato dalle Sezioni Unite (v. Cass. S.U. n. 12270 cit.) in materia di decorrenza del trattamento assistenziale e previdenziale rispondente “verosimilmente” ad “opportunità di natura contabile” (regola, come tale, non estensibile al di là dei casi in cui è stata espressamente enunciata), sia con il “principio cardine” dettato, in particolare nella materia assistenziale, dall’art. 38 comma 1 della Costituzione (per cui “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”). 
In sostanza, ed in definitiva, l’indirizzo maggioritario rimane fedele al principio di ordine generale secondo cui il diritto matura allorquando se ne perfezionino gli elementi costitutivi sostanziali, rilevando la decorrenza successiva sul piano, soltanto, della esigibilità della prestazione, e, d’altro canto, si presenta in linea con il senso di ragionevolezza, in una materia, peraltro, come quella assistenziale dove è ancor più accentuata l’esigenza del soddisfacimento dei bisogni elementari di vita. 
Va pertanto riaffermato il principio secondo cui “nel caso in cui gli elementi costitutivi della pensione di inabilità prevista dall’art. 12 della legge 30 marzo 1974, n. 118 siano maturati prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età e la relativa domanda amministrativa sia stata proposta prima di tale data, la sostituzione della pensione di inabilità con l’assegno sociale opera dal primo giorno del mese successivo a quello del compimento del sessantacinquesimo anno, anche se ciò comporta che non venga pagato neanche un rateo della pensione di inabilità e si debba corrispondere direttamente l’assegno sociale”. 
Così accolto il ricorso, l’impugnata sentenza, che ha aderito al diverso indirizzo minoritario, va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (non essendo in contestazione “l’esito favorevole dell’accertamento sanitario e la sussistenza delle condizioni reddituali prescritte dalla norma”, v. la sentenza sul punto non censurata), la causa può essere decisa nel merito con la conferma delle statuizioni della pronuncia di primo grado (anche per quanto riguarda le spese del grado stesso). 
La sussistenza del contrasto successivo nella giurisprudenza di legittimità induce a compensare le spese di appello e del presente giudizio di cassazione tra le parti. 
P.Q.M. 
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, conferma le statuizioni della pronuncia di primo grado; compensa le spese di appello e di cassazione. 

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