Visualizzazione post con etichetta Corte Costituzionale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Corte Costituzionale. Mostra tutti i post

venerdì 1 luglio 2022

Pensione di reversibilità: limiti alle decurtazioni in caso di cumulo con ulteriori redditi del beneficiario (Corte Costituzionale, sentenza n° 162/2022)


Con la Sentenza n. 162 del 30 giugno 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato che la pensione di reversibilità
 non può essere decurtata, in caso di cumulo con ulteriori redditi del beneficiario, di un importo che superi l’ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi.

La Corte ha rilevato l’irragionevolezza di una simile situazione che si pone in contrasto con la finalità solidaristica sottesa all’istituto della reversibilità, volta a valorizzare il legame familiare che univa, in vita, il titolare della pensione con chi, alla sua morte, ha beneficiato del trattamento di reversibilità. Quel legame familiare, anziché favorire il superstite, finisce paradossalmente per nuocergli, privandolo di una somma che travalica i propri redditi personali.
Pertanto, nel ribadire che il cumulo tra pensione e reddito deve sottostare a determinati limiti (dovendosi bilanciare i diversi valori coinvolti), la Corte ha precisato che, in presenza di altri redditi, la pensione di reversibilità può essere decurtata solo fino a concorrenza dei redditi stessi.
A seguire il provvedimento, liberamente sacricabile, in formato .pdf

martedì 15 febbraio 2022

E' illegittima la revoca delle prestazioni assistenziali ai condannati in via definitiva che stiano scontando la pena fuori dal carcere (Corte Costituzionale, Sentenza n° 137/2021)


Al fine di comprendere meglio la decisione della Consulta di cui all'oggetto, pare opportuno ricostruire la disciplina complessivamente prevista dall’art. 2, commi da 58 a 61, della
L. n. 92/2012 (c.d. Riforma Fornero).

Il comma 58 dispone che, nel pronunciare condanna per taluni reati di particolare allarme sociale – quali i reati di associazione terroristica, attentato per finalità terroristiche o di eversione, sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, associazione di stampo mafioso, scambio elettorale, strage e delitti commessi per agevolare le associazioni di stampo mafioso – il giudice applichi, in sentenza, la sanzione accessoria della revoca di una serie determinata di prestazioni assistenziali: indennità di disoccupazione, assegno sociale e prestazioni per gli invalidi civili.

Il comma 59 stabilisce che l’erogazione di tali provvidenze possa essere ripristinata, a domanda dell’interessato e ove ne sussistano i presupposti previsti dalla normativa di riferimento, una volta espiata la pena.

Il comma 60 impone l’obbligo di tempestiva comunicazione all’ente previdenziale competente dei provvedimenti adottati ai sensi del comma 58, ai fini della loro immediata esecuzione.

Il comma 61, infine, prevede che, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il Ministro della giustizia, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, trasmetta agli enti titolari dei relativi rapporti l’elenco dei soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui al comma 58, ai fini della revoca, con effetto non retroattivo, delle prestazioni previste dal medesimo comma 58, primo periodo.

Come si vede, il legislatore, prevede, nelle disposizioni su riportate, uno speciale statuto di indegnità connesso alla commissione di reati di particolare gravità, la quale dovrebbe giustificare, durante l’esecuzione della pena, il venir meno di trattamenti assistenziali che trovano il loro fondamento nel generale dovere di solidarietà dell’intera collettività nei confronti dei soggetti svantaggiati; la ratio della norma, inoltre, si rinverrebbe anche nella considerazione che ai reati ostativi alla fruizione dei benefici faccia da sfondo l’accumulazione, o comunque il possesso, di capitali illeciti, con quei benefici incompatibili.

giovedì 24 settembre 2020

Riconoscimento del c.d. “incremento al milione” agli inabili civili, sordi o ciechi assoluti nonchè inabili ex L. 222/84 (Circolare INPS n° 107 del 23/09/2020)


La
sentenza della Corte Costituzionale n. 152 del 23 giugno 2020 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 38, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nella parte in cui, con riferimento agli invalidi civili totali, dispone che l’incremento sia concesso “ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni”e non anche “ai soggetti di età superiore a diciotto anni”.

La citata norma infatti riconosceva un incremento del trattamento pensionistico fino ad € 516,46 al mese per tredici mensilità (c.d. “incremento al milione”) ai titolari di pensione di inabilità (invalidi civili totali, ciechi civili assoluti e sordi) o di pensione di inabilità di cui alla legge n. 222/1984, non prima del compimento del sessantesimo anno di età.

Secondo la Corte Costituzionale il requisito anagrafico di sessanta anni è irragionevole e discriminatorio perché il soggetto totalmente invalido, pur se di età inferiore ai sessanta anni, si trova in una situazione che non è certo meritevole di minor tutela rispetto a quella in cui si troverebbe al compimento del sessantesimo anno di età.

In applicazione di tale pronuncia, il D.L. 14 agosto 2020, n. 104, recante “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia”, prevede, all’articolo 15, che: “Con effetto dal 20 luglio 2020 all'articolo 38, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, le parole “di età pari o superiore a sessanta anni” sono sostituite dalle seguenti: “di età superiore a diciotto anni”.

Pertanto a decorrere dal 20 luglio 2020, agli invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordi, nonchè titolari di pensione di inabilità ex L.222/84 è riconosciuta d’ufficio una maggiorazione economica tale da garantire un reddito complessivo pari, per il 2020, a € 651,51 per tredici mensilità.

REQUISITI REDDITUALI:

Per avere diritto al beneficio sono necessari i seguenti requisiti reddituali (importi 2020):

a) il beneficiario non coniugato deve possedere redditi propri non superiori a € 8.469,63 (pari all’importo massimo moltiplicato per tredici mensilità);

b) il beneficiario coniugato (non effettivamente e legalmente separato) deve possedere, contemporaneamente:

  1)   redditi propri di importo non superiore a € 8.469,63;
 2) redditi cumulati con quello del coniuge di importo annuo non superiore a € 14.447,42.

Se entrambi i coniugi hanno diritto all’incremento, questo concorre al calcolo reddituale. Pertanto, nel caso in cui l’attribuzione del beneficio a uno dei due comporti il raggiungimento del limite di reddito cumulato, nulla è dovuto all’altro coniuge. Se invece il limite non viene raggiunto, l’importo dell’aumento da corrispondere a un coniuge deve tener conto del reddito cumulato comprensivo dell’aumento già riconosciuto all’altro.

venerdì 7 agosto 2020

Incremento della pensione: ne ho diritto? e quanto mi spetta? Capirlo con due click

Il combinato della sentenza della Corte Costituzionale 152/2020 e del Decreto Legge “agosto” produce una serie di effetti per gli invalidi, i ciechi e i sordi aprendo alcune possibilità di incremento delle loro pensioni. 

Essendo complesso orientarsi correttamente HandyLex.org ha predisposto un semplice script che con pochi click fornisce una prima risposta.

Ringrazio il fraterno amico Carlo Giacobini, direttore di HandyLex per l'impagabile servizio reso.

LINK AL SERVIZIO



lunedì 20 luglio 2020

Maggiorazione sociale per gli invalidi civili al 100%: depositata la Sentenza della Corte Costituzionale n° 152/2020


Post del carissimo amico Carlo Giacobini, direttore di HandyLex.org

In attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la Corte Costituzionale ha depositato poco fa la Sentenza 152/2020 (LINK) assunta nella seduta del 23 giugno scorso.

La Sentenza riguarda - detto molto sommariamente - l'aumento delle provvidenze agli invalidi civili attualmente fissate a 286 euro mesili.
La sentenza infatti dichiara l'illegittimità costituzionale dell’art. 38,comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nella parte in cui, con riferimento agli invalidi civili totali, dispone che gli aumenti previsti (il famoso aumento ad un milione di lire) sono concessi «ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni» anziché «ai soggetti di età superiore a diciotto anni».


Quell'aumento oggi è di euro 651,51, per tredici mensilità con i seguenti limiti reddituali: euro 8.469,63 per il pensionato solo ed euro 14.447,42 per il pensionato coniugato.

Nei prossimi giorni approfondiremo con una specifica analisi.

Nel frattempo attendiamo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ormai imminente.
Nel frattempo:
1) non è necessario presentare nessuna domanda;
2) l'aumento spetterà solo agli invalidi civili totali (non parziali);
3) l'aumento seguirà la medesima logica di quello previsto dall'articolo 38 della legge 448/2001 (limiti redituali).
Per il resto, manteniamo la pazienza: arriveranno le rituali specifiche da INPS. Prima molte risposte sarebbero approssimative.
Alla lettura della sentenza appaiono ancora più evidenti molte approssimazioni e commenti pubblicate in queste settimane da stampa generalista ma anche da testate e siti specificamente rivolti alla disabilità.



martedì 21 novembre 2017

Dichiarata l'incostituzionalità dell'obbligo di dichiarazione di valore ex art. 152 disp. att. cpc (Corte Costituzionale, Sentenza n° 241/2017)


E' incostituzionale l'obbligo, previsto a pena di inammissibilità del ricorso, della dichiarazione di valore della prestazione dedotta in giudizio, sancita dall'art. 152 disp. att. cpc come modificato dall’art. 38, comma 1, lettera b), n. 2, del D.L. n. 98/2011.

Ringrazio l'amico avv. Alessio D'Aniello ed il collega Francesco Giglio Brady (tramite la nostra pagina Facebook) per la preziosissima segnalazione.

Al seguente LINK è possibile consultare il testo integrale del provvedimento, inserendo gli estremi 2017 (anno) e 241 (numero).

Carmine Buonomo

mercoledì 15 novembre 2017

Perequazione delle pensioni: il NO definitivo della Corte Costituzionale



Come ipotizzavamo da tempo, è stato dichiarato costituzionalmente legittimo il cd D.L. Poletti (D.L. 65/2015), ovvero il provvedimento di attuazione della famosissima sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015 in tema di perequazione delle pensioni. 

In sintesi, ai pensionati non spetta null’altro che l’elemosina, pardon, l’ “una tantum” prevista dallo stesso Decreto Legge ed erogata nell’anno 2015.
E a chi ci chiedeva perchè, nonostante le centinaia e centinaia di richieste, non abbiamo mai voluto patrocinare nemmeno un giudizio in tal senso, ora possiamo rispondere con un piccolo velo di soddisfazione... noi lo avevamo previsto!!!!


Carmine Buonomo

mercoledì 10 agosto 2016

La rinuncia all'eredita' fa perdere il diritto a percepire la pensione di reversibilita'?


Molte persone mi chiedono se, la rinuncia all'eredità del defunto coniuge, comporta automaticamente la perdita del diritto a percepire anche l'eventuale pensione di reversibilità che sarebbe spettata.

Sul punto, posso tranquillamente affermare che l'eventuale rinuncia all’eredità non pregiudica in alcun modo alcun diritto pensionistico, ma fa perdere solo il pagamento delle rate di pensione non riscosse dal deceduto prima della morte.

La Corte Costituzionale, con Sentenza n° 286/1987, ha specificato che la pensione ai superstiti non ha natura successoria, perche' spettante anche in caso di rinunzia all'eredita' e regolata automaticamente da specifiche leggi previdenziali le quali, fra l'altro, disciplinano, in modo diverso dalle norme generali sulle successioni, il concorso fra piu' aventi diritto e la perdita del diritto stesso o pongono regole, almeno parzialmente incompatibili con quelle successorie (non trasmissibilita' del diritto). 

Pertanto, non possono invocarsi quelle ragioni che giustificano un diverso trattamento, sul piano successorio, del coniuge separato con addebito rispetto a quello cui non sia stata addebitata la separazione;
Acquistandosi, dunque, la pensione di reversibilita' iure proprio da parte del beneficiario, in relazione a fatti oggettivi (stato di bisogno e riferibilita' ad una determinata posizione previdenziale) il divieto della sua corresponsione in presenza di vicende attinenti a rapporti interpersonali ed estranee a tali fatti (quali sono quelle che hanno condotto al riconoscimento della colpa) viola doppiamente l'art. 3 della Costituzione, sia perche' crea disparita' di trattamento fra coniugi separati per colpa (anteriormente alla riforma del diritto di famiglia) e coniugi separati con addebito (dopo la riforma stessa), nei confronti dei quali non potrebbe operare lo stesso divieto; sia perche' appare intrinsecamente irrazionale il rilievo preclusivo riconosciuto alle suddette vicende personali, rispetto ad un diritto causalmente ricollegabili ai suddetti fatti oggettivi: eloquente dimostrazione ne e' l'evenienza che, per effetto di cio', il coniuge assicurato si trova a dover versare contributi commisurati anche alla copertura del rischio della propria premorienza, senza che poi l'avente diritto possa fruire della prestazione; 

E', infine, incoerente, col disposto dell'art. 38, secondo comma, Cost. la previsione della totale perdita di un diritto previdenziale per fatti del tutto estranei al rapporto assicurativo.

lunedì 21 dicembre 2015

Pignoramento pensione e stipendio: differenze


Articolo dell'avv. Matteo Mami (sito web)

La Corte Costituzionale con sentenza del 21.10.2015 n. 248 (depositata il 03.12.2015) ha stabilito che il pignoramento di stipendio basso, anche se inferiore all’ammontare dell’assegno sociale, è consentito con il solo limite del quinto del suo ammontare.

Quindi, ad esempio, se il debitore ha uno stipendio di € 500,00 gli possono pignorare fino ad € 100,00 al mese, fino ad estinzione del debito.

Il pignoramento di stipendio basso, pertanto, è consentito, a differenza di quanto previsto per il pignoramento di pensione che risulta impignorabile per la parte necessaria a soddisfare le esigenze minime di vita del pensionato.

L’art. 545, quarto comma, c.p.c. prevede che le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, sono pignorabili nella misura del “quinto” mentre, qualora concorrano più cause tra quelle indicate dall’art. 545 cod. proc. civ., il quinto comma, prevede che il pignoramento può estendersi sino alla metà.

Per quel che riguarda gli emolumenti da pensione, invece, fin dalla pronuncia n. 506 del 2002 l’orientamento della Corte Costituzionale era nel senso che, fermo restando il limite del quinto del percepito, doveva essere sottratta al regime di pignorabilità la parte necessaria a soddisfare le esigenze minime di vita del pensionato.

Con la predetta pronuncia la Consulta affermava, altresì, la non assimilabilità del regime dei crediti pensionistici a quelli di lavoro e che l’individuazione dell’ammontare della parte di pensione idonea ad assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita rimaneva riservata, “nei limiti di ragione”, alla discrezionalità del legislatore.

Per lungo tempo il legislatore non è intervenuto sulla materia e la giurisprudenza si vedeva costretta a sopperire ad una tale mancanza andando ad individuare il limite di impignorabilità delle pensioni nella misura dell’ammontare dell’assegno sociale.

martedì 28 luglio 2015

Il rimborso delle pensioni, ecco come ottenerlo



Articolo della collega avv. Adriana Lauri, pubblicato su Vomero Magazine.


Il 30 aprile scorso la Corte Costituzionale con sentenza numero 70/15 si è pronunciata fornendo il via libera all’indicizzazione delle pensioni relative al biennio 2012 -2013. 
In particolare, con la citata sentenza, la Corte ha dichiarato illegittimo il blocco della rivalutazione dei trattamenti pensionistici tanto voluto dal governo Monti, giudicandolo in contrasto con i principi di proporzionalità e adeguatezza cui deve necessariamente ispirarsi il legislatore soprattutto per la conservazione del potere di acquisto delle pensioni nel tempo. 
Questo significa che l’Inps dovrà rimediare a tale “fermo” dell’indicizzazione e rimborsare i pensionati di una somma pari a circa, si vocifera, 6 miliardi di euro. 
A regolarizzare il tutto, è intervenuto nell’immediato, il legislatore con l’emanazione di un apposito decreto anche definito “decreto rimborsi” (D.L. num. 65/15), il quale prevede, però, il rimborso soltanto parziale delle “somme arretrate" con effetto dal 1° agosto 2015 in un’unica soluzione.

giovedì 16 luglio 2015

Pensioni, il decreto rimborsi è legge. Testo e quote da agosto



Fonte: LeggiOggi.it

Il decreto pensioni è legge. Il Senato della Repubblica ha approvato ieri nel tardo pomeriggio il testo che sblocca i rimborsi per i pensionati privati della rivalutazione negli anni scorsi.

Il provvedimento è stato approvato senza modifiche, dunque il decreto è arrivato alla conversione definitiva in legge nei tempi previsti. La scadenza del testo pubblicato in Gazzetta ufficiale sarebbe ricorsa il prossimo lunedì 20 luglio.

Niente da fare, dunque, per chi auspicava l’introduzione di un articolo ad hoc per i Quota 96, come aveva richiesto, forse fuori tempo massimo, il gruppo a palazzo Madama del MoVimento 5 Stelle.

Dunque, il primo agosto, ormai vicinissimo, potranno definitivamente essere erogate le quote una tantum annunciate dal governo, per un totale di 2,18 miliardi messi sul piatto al fine di restituire il dovuto ai pensionati.

Il provvedimento si è reso necessario a seguito della sentenza storica della Corte costituzionale, che ha bocciato il decreto salva Italia nella parte in cui bloccava le indicizzazioni per le pensioni pari almeno a tre volte il minimo.

Il ricorso, accolto dai giudici delle leggi, ha messo il governo con le spalle al muro, obbligandolo a correre frettolosamente ai ripari, seppure in misura minima rispetto al mancato introito per i pensionati, stimati in oltre 15 miliardi di euro.

Così, tra due settimane esatte milioni di iscritti alla gestione previdenziale si vedranno recapitare in busta paga la prima quota di rimborso, che ammonterà in media a 500 euro.

Quindi, nei mesi a venire, verrà progressivamente ristabilita nelle mensilità la quota di indicizzazione precedentemente sospesa, che tornerà a pieno regime dal 2016.


Secondo gli studi dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, ai pensionati tornerà in tasca appena il 12% di quanto è stato loro negato a partire dal 2012, anno di entrata in vigore della riforma Fornero che tanti problemi ha suscitato nel welfare. Eppure, la fetta di pensionati che percepisce una pensione tra 3 e 4 volte il minimo, sarà equivalente a circa la metà dei destinatari del “bonus Poletti”, che in realtà non è altro che la parziale restituzione di denaro versato legittimamente dai contribuenti.


giovedì 4 giugno 2015

Calcola a quanto ammonterà il rimborso sulle pensioni il prossimo 1° Agosto



Sei un pensionato coinvolto nel blocco biennale dell'indicizzazione? 

Verifica tramite questo strumento quanto ti spetterebbe all'indomani della pubblicazione della Sentenza della Corte Costituzionale 70/2015.

Vuoi sapere invece quanto il D.L. 65/2015 ti riconoscerà il 1° Agosto 2015?

martedì 19 maggio 2015

Pensioni, le 6 cose da sapere sui rimborsi



1. Il 1° agosto arriva il bonus
Il 1° agosto 3,7 milioni di pensionati riceveranno un bonus una tantum a titolo di rimborso per il blocco della rivalutazione decisa dal governo Monti nel 2012. La copertura da 2,18 miliardi di euro arriva in gran parte dal “tesoretto” di 1,6 miliardi ricavato dalla differenza tra deficit tendenziale e deficit programmato. 

2. Gli esempi
Sono tre gli esempi fatti dal premier nella conferenza stampa post Consiglio dei ministri per spiegare come funzionerà il rimborso, rigorosamente una tantum: chi percepisce una pensione di 1.700 euro lordi avrà diritto a un bonus da 750 euro. Chi prende 2.200 euro lordi avrà 450 euro. Chi percepisce 2.700 euro lordi avrà 278 euro. La media dei rimborsi è pari a 500 euro, come annunciato ieri dal premier Matteo Renzi a “L’Arena” su RaiUno. 

3. Gli esclusi
Restano esclusi da ogni restituzione 650mila pensionati, quelli che hanno un assegno superiore a 3.200 euro lordi. Restituire tutto a tutti - ovvero procedere alla totale integrazione degli assegni pensionistici superiori a tre volte il minimo (1.486 lordi al mese nel 2011, quelli a cui si è applicato il blocco delle indicizzazioni dal 2012) - sarebbe costato quasi 18 miliardi di euro.

4. Dal 2016 nuova indicizzazione
Il governo ha anche definito come saranno erogate le rivalutazioni a partire dal 2016. Chi guadagna 1.700 euro lordi di pensione avrà 180 euro di rivalutazione all’anno, cioè 15 euro al mese. Per gli assegni da 2.200 euro lordi ci saranno 99 euro l’anno, ovvero 8 euro al mese. Per quelli da 2.700 sono 60 euro all’anno, cioè 5 euro al mese. 

5. Nuova riforma nella legge di stabilità
Renzi ha annunciato un intervento sulle pensioni nella prossima legge di stabilità. Obiettivo: lasciare più flessibilità in uscita e «dare un po’ più di spazio» a chi vuole andare in pensione prima rinunciando a parte dell'assegno. L’esempio scelto da Renzi è quella di una nonna: «Se una donna a 62 anni preferisce stare con il nipotino rinunciando 20-30 euro ma magari risparmiando di baby sitter bisognerà trovare le modalità per cui, sempre con attenzione ai denari, si possa permettere a questa nonna di andarsi a godere il nipotino». 

6. Evitata la procedura d'infrazione Ue
Il ministro dell’Economia Padoan ha precisato che «dover fronteggiare tutti gli esborsi implicitamente previsti dalla sentenza della Consulta avrebbe impegnato, per il solo 2015, risorse che avrebbero portato l’indebitamento al 3,6%», ben oltre il limite del 3 per cento, con un esborso di quasi 18 miliardi. «Questo - ha aggiunto Padoan - avrebbe comportato l’ingresso dell’Italia in una procedura di deficit eccessivo, l’immediata rimozione della clausola delle riforme, che la Commissione ci aveva concesso, e il mancato rispetto della regola del debito con la conseguenza di un’ulteriore esigenza di aggiustamento di finanza pubblica che avrebbe invertito la tendenza di crescita dell’economia e di risanamento dei conti pubblici». 

giovedì 30 ottobre 2014

La Corte Costituzionale, con Sentenza n° 243/14, ha dichiarato inammissibili ed infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 445-bis c.p.c.

SENTENZA N. 243/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giuseppe TESAURO; Giudici : Sabino CASSESE, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 445-bis del codice di procedura civile e dell’art. 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, promosso dal Tribunale ordinario di Roma nel procedimento vertente tra R.A. e l’INPS con ordinanza del 18 gennaio 2013, iscritta al n. 204 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visti gli atti di costituzione di R.A. e dell’INPS;
udito nell’udienza pubblica del 23 settembre 2014 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;
uditi gli avvocati Maurizio Cinelli e Giulio Cimaglia per R.A. e Mauro Ricci per l’INPS.
Ritenuto in fatto

giovedì 10 aprile 2014

Indennità di accompagnamento agli stranieri senza carta di soggiorno (Cassazione, sentenza n° 8069/2014)


Anche se titolare del solo permesso di soggiorno, il cittadino straniero ha diritto di vedersi attribuire l’indennità di accompagnamento, la pensione d’inabilità e l’assegno d’invalidità, ove ne ricorrano le condizioni previste dalla legge, non essendo più necessaria, a seguito di pronunce della Corte Costituzionale, l’ulteriore condizione della titolarità della carta di soggiorno. 
Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 8069 del 7 aprile 2014
La Suprema corte ha così accolto il ricorso dell’unica erede - straniera - di una assistita INPS, che si era vista negare il diritto a riscuotere i ratei arretrati dell’indennità di accompagnamento spettante a detta assistita: secondo l’Istituto, l’erede non aveva diritto alla prestazione in quanto straniera priva della carta di soggiorno. 
Il diritto in parola era stato riconosciuto dal giudice di primo grado, ma la Corte d’appello aveva accolto l’impugnazione dell’Istituto, ritenendo che la spettanza del diritto, ai sensi dell’art. 80, co. 19, Legge n. 388/2000, fosse subordinata non solo al possesso del permesso di soggiorno ma anche alla titolarità della carta. 
I Giudici di legittimità, cui l’erede aveva fatto ricorso per la Cassazione della sentenza d’appello, avevano richiamato le sentenze nn. 306/2008, 11/2009 e 187/2010, con le quali la Consulta aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 80 nella parte in cui escludeva il diritto all’indennità in esame per gli stranieri privi della carta di soggiorno. 

giovedì 3 ottobre 2013

Pubblicata in G.U. l'ordinanza n. 204/13 di sollevamento della questione di legittimità costituzionale in materia di ATPO previdenziale.






Un sentito ringraziamento va agli amici avv.ti Aquilani da Viterbo e Devanna da Roma per la preziosa segnalazione.
In particolare, la collega Beatrice Devanna - cui va il mio più sentito ringraziamento per aver sollevato presso il Tribunale di Roma la questione di legittimità costituzionale ed ottenuto la remissione degli atti alla Corte - in data odierna mi ha comunicato telefonicamente che ci sono "solo" 20 giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per il deposito di eventuali ricorsi "ad adiuvandum".
Invito, quindi, tutti gli avvocati previdenzialisti e/o cultori della materia, a contattarmi per concordare, con la massima urgenza, le opportune iniziative di supporto all'operato dei colleghi romani.


Carmine Buonomo

lunedì 18 marzo 2013

La Corte Costituzionale dice si alla pensione di inabilità e all'indennità di accompagnamento ai cittadini extracomunitari senza carta di soggiorno


La Corte Costituzionale dice si alla pensione di inabilità civile e all’indennità di accompagnamento anche ai cittadini extracomunitari senza carta di soggiorno: incostituzionale una norma della finanziaria 2001 che la negava. 
Con una sentenza destinata a far scalpore la Corte Costituzionale ha stabilito che l'indennità di accompagnamento e la pensione di inabilità ai cittadini non comunitari può essere concessa anche a chi non è titolare della carta di soggiorno purché gli stessi siano legalmente soggiornanti in Italia. 
La sentenza n. 40 del 15 marzo 2013, ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale di un comma dell'articolo 80 della legge 388/2000 (legge finanziaria del 2001). 

giovedì 14 marzo 2013

Procedimento civile - Condanna alle spese - Causa di valore inferiore ad euro 1.100 - Mancanza di un serio ristoro delle spese sostenute dalla parte - Questione di illegittimità costituzionale - Non manifesta infondatezza.



Tribunale Padova, 28 febbraio 2013 - Sez. Dist. Este - Est. Bertola.

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 91 c.p.c. in relazione all'articolo 82 c.p.c. per violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui, nelle cause di valore inferiore ad euro 1.100, obbliga il giudice a liquidare una somma non superiore al valore della causa e di entità talmente modesta da non rappresentare un serio ristoro delle spese che la parte ha dovuto affrontare per ottenere un provvedimento totalmente a se favorevole. (Franco Benassi) 

Segnalazione dell'Avv. Italo Begozzo

sabato 9 febbraio 2013

Il procedimento di ATPO (art. 445 bis cpc) passa al vaglio della Corte Costituzionale

Allego copia dell'ordinanza del 18.1 u.s. del dr. P. Mormile, Giudice del Lavoro del Tribunale di Roma, con la quale è stata dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 445-bis c.p.c.

Clicca sull'immagine per ingrandire

giovedì 7 febbraio 2013

Comunicato Associazione Romana degli Avvocati Previdenzialisti. Rimessione alla Corte Costituzionale questioni illegittimita'

Allego comunicato del Presidente dell'A.R.P. Associazione Romana degli Avvocati Previdenzialisti avv. Giulio Cimaglia, in ordine alla rimessione della questione di illegittimità costituzionale dell'art. 445-bis c.p.c.